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NEWS

Xavi espulsione e follia: “Kovacs pessimo, eliminati da lui”. Un anno fa criticava Mou

“Eliminati per un errore arbitrale, è un peccato. L’arbitro Kovacs pessimo”. Le dichiarazioni non sono di Josè Mourinho, ma di Xavi, tecnico del Barcellona che dopo esser stato espulso ieri sera durante il match contro il PSG, ha incassato malissimo l’eliminazione del Barcellona.

Le dichiarazioni dell’ex capitano blaugrana sono simili a quelle espresse da Mourinho a Budapest contro Taylor che lo stesso Xavi criticò aspramente, salendo su un pulpito dal quale nel frattempo è caduto malamente, visto che in questa stagione è stato più volte sanzionato dagli arbitri per proteste: “Spero di non assumere mai l’immagine di Mourinho in panchina”. Aveva detto. Ecco fatto.

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Rassegna stampa

De Rossi, l’occasione per blindare il futuro: “Ma non sono teso”

Mente sapendo di mentire. Ma quella che racconta – “Con gli anni il derby ho imparato a gestirlo e poi adesso viverla da allenatore ti cambia tanto” – è una dolce bugia. Basta guardarlo parlare nella rinnovata sala stampa di Trigoria, con gli occhi che gli ridono mentre prova a convincere la platea del suo stato d’animo “sereno” prima di un derby che vale tanto. Perché poi, quando arriva la domanda sul futuro, gli occhi non mentono più.

Lo sguardo si abbassa di colpo, il sorriso sparisce. Si irrigidisce, diventa di colpo serio e gioca in difesa: “Con la proprietà parliamo spesso del futuro a breve termine, del campionato. Ho capito bene la domanda, ma la pausa ci è servita per parlare del futuro che in questo momento è più importante per noi, ossia i prossimi due mesi”. Tradotto: quesito lecito ma non è il momento di parlarne pubblicamente. (…)

Anche perché, al di là delle smentite, privatamente il discorso è stato già affrontato se da qualche tempo si sta facendo largo l’ipotesi di un accordo biennale. Si sta aspettando il nuovo ds ma la decisione, a meno di scossoni poco augurabili e preventivabili, è stata presa.

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Interviste

Mourinho: “Orgoglioso delle due finali consecutive. A Roma sono stato più di un tecnico”

Josè Mourinho ha parlato in una nuova intervista rilasciato a Fabrizio Romano, pubblica poi su youtube. Ecco le sue parole:

Sei pronto per una nuova avventura?
“Sono pronto, voglio ricominciare. A volte quando la tua avventura in un club finisce hai bisogno di riposare e pensare, ma in questo caso già il giorno dopo che sono andato via dalla Roma ero pronto per ripartire. Mi sento bene, amo il lavoro e sono veramente pronto, ma non voglio fare la scelta sbagliata, non posso accettare un incarico solo per la passione o perché mi sento pronto. Devo essere paziente, siamo a marzo e di solito è difficile che accada qualcosa in questo mese, quindi il mio obiettivo è riniziare in estate”.

Sei l’unico allenatore ad aver disputato due finali europee negli ultimi due anni: che sensazioni provi?
“La prima sensazione è che sembra come se non sia accaduto, perché quando le persone parlano di me si concentrano soprattutto sul passato. Ci sono tanti bravi allenatori in Europa e di solito i migliori allenano le squadre che hanno più possibilità di raggiungere una finale. Negli ultimi anni sono arrivato 3 volte in finale, una con il Manchester United e due con la Roma. Se ci concentriamo sul recente passato sono quindi l’unico ad aver raggiunto due finali europee. Sono orgoglioso di questo, perché ho raggiunto questi traguardi con una squadra che non ha una storia vincente in Europa, quindi è un qualcosa di speciale. In questa stagione non giocherò una finale, ma spero che l’anno prossimo io possa dire ‘Sono stato l’unico ad aver raggiunto tre finali europee negli ultimi 4 anni'”.

Tutti i tifosi dei club in cui hai allenato ti amano ancora: cosa provi?
“La cosa migliore nel calcio sono i tifosi, perché loro non guadagnano, anzi spendono soldi e fanno sacrifici per la loro passione. Quando ai tifosi non piacciono i calciatori o gli allenatori hanno le loro ragioni. Nel mio caso, indipendentemente dai risultati anche se ho quasi sempre vinto, i tifosi hanno notato che ho sempre dato il massimo per loro e per il club. Ho dato tutto, per la mia personalità sono sempre stato più di un semplice allenatore, in alcuni club devi essere l’allenatore, il direttore sportivo, il direttore della comunicazione, l’immagine che difende il club e i tifosi. I tifosi lo capiscono, ma allo stesso tempo a un allenatore non piace, perché io voglio essere un allenatore. Lo scenario ideale è quando un club ha una struttura che permette all’allenatore di essere semplicemente l’allenatore. All’Inter sono stato l’allenatore, anche al Real Madrid, nella prima esperienza con il Chelsea e al Porto, mentre in altri club non sono stato solamente l’allenatore e questo è veramente difficile per un allenatore. In ogni club in cui sono arrivato ho indossato la maglietta della squadra e lottato per essa”. 

Hai rifiutato il Portogallo e l’Arabia Saudita: queste due mete sono ancora nei tuoi pensieri in vista del futuro?
“Il Portogallo mi ha chiamato due volte, una volta fu ai tempi del Real Madrid e in quel caso avrei dovuto rivestire il doppio ruolo, ma Florentino Perez mi disse che non sarebbe stato possibile. La seconda volta, invece, è stata con la Roma. Se mi sono pentito dato che pochi mesi dopo la Roma mi ha esonerato? No, sono felice di non aver accettato e quindi non mi sono pentito. Se allenare una nazionale in futuro sarà un mio obiettivo? Non sono sicuro, se si tratta di allenarla in vista di una competizione importante come il Mondiale o l’Europeo ti direi di sì, ma aspettare due anni prima di disputare quelle competizioni… Non saprei, forse un giorno accetterò ma non sono sicuro che mi divertirei. L’Arabia Saudita? Cristiano Ronaldo ha aperto le porte a quel mondo in termini calcistici. Quando mi arrivò l’offerta si trattò di una proposta economica molto importante, ma rifiutati perché per me era più importante la Roma e il calcio europeo. In futuro mai dire mai, ma in questo momento non firmerò nessun contratto perché prima devo prendere la decisione migliore”.

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Interviste

Mourinho: “Strano essere esonarati dopo due finali di fila. Non lavorerò più con Pinto”

Non è tardata la risposta di Josè Mourinho alle dichiarazioni di Tiago Pinto. L’ex tecnico giallorosso è stato intercettato in patria a margine del GP di Portogallo dall’emittente locale Sport TV. Ecco le sue dichiarazioni:

La mia partenza dalla Roma? Non c’è nulla di strano in questo. È difficile capire come un allenatore che raggiunge due finali europee di fila venga esonerato. Questa è l’unica cosa strana”.

Il tecnico è tornato poi sulle parole di Tiago Pinto: “Le sue interviste non mi interessano affatto, non perdo tempo a leggerle o ad ascoltarle. Non ho il minimo interesse. Lavorerà di nuovo con me? No, certamente no. In questo caso non è possibile”. Poi sul futuro: “Per il momento zero, zero notizie. Non ho un club, sono libero, ma voglio lavorare. In estate voglio lavorare. Mai dire mai, soprattutto nel calcio. La mia vita è il calcio, posso allenare ovunque. Non ho problemi”.

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Interviste

Pinto: “Difficile lavorare con Mourinho, ma ho imparato tanto”

“Quando ho lasciato la Roma ci ho pensato molto e sentivo che era il momento giusto, la fine di un ciclo. Ma quando ho preso la mia decisione, tutti quelli a me vicini hanno detto: ‘Conoscendoti, dubito che sarai in pace dopo due settimane’. Probabilmente avevano ragione… Il mio percorso nel calcio è molto diverso da quello della maggior parte delle persone. Ho studiato economia e pedagogia all’università e poi ho gestito questi cinque club, tutti con rose e culture diverse. Così ho imparato tanto”. Così Tiago Pinto, ex GM della Roma, in una lunga intervista ai microfoni di inews, portale inglese.

La Roma? “È stata una grande sfida, ma mi piace correre dei rischi”. Poi sul rapporto con Mourinho: “Non fraintendetemi, quando lavori con un uomo con un profilo così importante, è impegnativo. Ed è esigente perché ha ottenuto così tanto e ha standard elevati. Non dimentichiamo che sono portoghese e ho iniziato a lavorare con lui quando avevo 36 anni, per un giovane direttore sportivo è impossibile lavorare normalmente con Mourinho. Ho imparato molto da lui. È uno degli allenatori più importanti della storia del calcio. Il calcio è come ogni cosa, ha dei cicli. A volte sei d’accordo, a volte non sei d’accordo, ma nessuno può minimizzare il grande impatto che ha avuto alla Roma. Ciò che ti colpisce davvero ogni giorno è ciò che significa per le persone. Non importa se sei a Londra, Reykjavik, Dubai o dovunque, ciò che Jose significa per le persone è qualcosa di straordinario. E ci sono allenatori che hanno vinto tanto o anche più di lui, ma è difficile trovare qualcuno che tocchi il cuore della gente come lui. Ecco un piccolo esempio. Un giorno giocavamo a Sofia in Bulgaria nella Conference League, la partita era a novembre e il tempo era terribile. Nevicava, faceva molto, molto freddo. Vincevamo 3-0 ma alla fine abbiamo vinto 3-2, è stata una partita molto brutta. Abbiamo vinto ma eravamo di cattivo umore. Tutti vogliono farsi una doccia, prendere un autobus e andare all’aeroporto. Nevicava, era mezzanotte e quando è uscito dallo stadio e io lo guardavo aveva fatto 50 metri fino al punto dove c’erano 100 o 200 persone che gridavano per lui. È andato lì, ha fatto foto, ha fatto autografi. Ero sull’autobus a guardarlo e ho pensato: ‘Questo uomo ha vinto 25 titoli, è incazzato per la partite, tutti sono congelati e si sta prendendo 15 minuti per fare questa cosa. Sembra un piccolo dettaglio, ma alla fine lavoriamo per le persone. La cosa più speciale di Mourinho è il modo in cui lavora con le persone, la reazione che provoca in loro”.

Newcastle? “Se un grande club come il Newcastle chiede di parlare con te, ovviamente sei interessato. Conosco molto bene la storia del club perché Sir Bobby Robson era una grande personalità in Portogallo e lo associavamo al Newcastle. Ho seguito il club per quella passione. Il lavoro svolto dalla nuova proprietà è stato davvero impressionante: con una strategia intelligente sono venuti da una lotta per la retrocessione in Champions League, quindi c’è un enorme potenziale al Newcastle. Non so se l’interesse sia vero o no, ma chi direbbe no a un progetto del genere?”.

Infine sul metodo di lavoro: “Non sono il tipo che entra in un club e dice: ‘Licenzia tutti e nomina le persone che voglio’. Non è il mio stile, preferisco entrare e imparare prima. Un club è migliore se c’è un ambiente sereno, tutti sono allineati. Ci sono tre o quattro cose che rappresentano gli elementi chiave di una strategia sportiva. Il primo è il settore giovanile, a cui dedico molto tempo ed energie. A volte non è normale che gli scout della prima squadra conoscano il vivaio. Nelle mie squadre lo scout della prima squadra deve assolutamente conoscere il settore giovanile. Nella mia mentalità non prenderei un giocatore di 19 o 17 anni proveniente dall’estero se avessi in rosa qualcuno con lo stesso potenziale. Se il mio scout non lo sa, non capisce cosa sta facendo. Credo molto nello sviluppo e i giocatori nostrani sono importantissimi per il DNA del club e per la sostenibilità economica. Allora credo nei guadagni marginali. Le squadre che vincono di più sono quelle che pensano di più ai dettagli: l’alimentazione, lo psicologo, i viaggi, la qualità dei campi dove ti alleni, il tuo sonno. Sono testardo su questo. Cerco di dire alla mia gente: non importa se sei un medico, un fisioterapista, un manager del kit, quando torni a casa devi pensare: ‘Cosa ho fatto oggi per aiutare la squadra a vincere nel fine settimana?’. Ovviamente questo richiede molta energia e talvolta le persone mi chiedono perché sono così interessato a queste cose? Viene dal mio periodo in un’organizzazione polisportiva. Lì non avevamo tanti soldi, abbiamo preso il gruppo che abbiamo e abbiamo lavorato con loro fino alla fine della stagione. Quindi è necessario farli esibire. Infine, voglio che le persone siano allineate. Non mi piace il conflitto. Forse è un difetto: mi lascio coinvolgere in cose che non sono il core business della mia attività ma voglio l’allineamento interno dell’allenatore, del consiglio direttivo, di tutti i reparti. Credo che più siamo uniti, tra tutti i reparti, più siamo vicini al successo”.

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Interviste

Sacchi: “Ora con De Rossi la Roma gioca a calcio. Con Mou troppo nervosismo e poco spettacolo”

Arrigo Sacchi ha parlato della sfida tra Roma e Brighton in un’intervista ai microfoni de la Gazzetta dello Sport: “La Roma ora gioca a calcio, ha delle trame, per battere il Brighton servirà pressing alto e una difesa molto attenta”.

Poi sul confronto De Rossi-Mourinho, specifica: “Con Mourinho devo ammettere che la Roma non era mai stata spettacolare. Una squadra molto staccata in classifica, mentre adesso si è avvicinata e secondo me può proseguire la scalata e arrivare a un posto in zona Champions”.

“Con Mourinho la squadra si basava soprattutto sulla forza, adesso si cercano le trame di gioco. Prima c’era molto nervosismo, tutti a protestare con l’arbitro. Ora, invece, mi sembra che la Roma sia diventata una squadra più educata in campo. De Rossi ha tranquillizzato un ambiente che era sempre in fibrillazione, ha dato un chiaro indirizzo di gioco e ha recuperato elementi importanti”, ha concluso Sacchi.

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APPROFONDIMENTI

Da Mou a De Rossi, la difesa incassa troppi gol: media similare, ma ora c’è il fattore Ndicka-Smalling

FOCUS RS (di Francesco Oddo Casano) – Dal suo arrivo a Roma, Daniele De Rossi ha imposto una svolta tattica verso una squadra più propositiva. Palleggio e maggior occupazione degli spazi in zona offensiva. Non a caso la squadra ha aumentato il numero di gol segnati: 18 in 8 gare ufficiali tra campionato e coppe, poco più di 2 di media a partita.

Nelle prime 28 partite stagionali con Mourinho, la Roma aveva invece realizzato 42 reti, con una media di 1.5 a partita.

L’aspetto che sta facendo discutere è la fase difensiva: sono 10 i gol incassati dai giallorossi con De Rossi in panchina, in 8 sfide ufficiali. La media è di 1.25. Ma in questa stagione, al contrario di quanto è avvenuto lo scorso anno, anche con Mourinho i numeri non erano del tutto confortanti: 30 reti subite in 28 gare tra campionato e coppe, con una media di 1.1 a partita. Dunque due medie abbastanza similari.

Foto Farioli

Al di là dei confronti statistici, in queste ore De Rossi avrà un grattacapo importante, una vera e propria matassa da dipanare: difesa a quattro o difesa a tre? Un pensiero che frullerà nella testa del mister da qui alla sfida di Monza e oltre, partendo dal presupposto che se Smalling confermerà di star bene, come visto nei 78 minuti giocati contro il Toro, è quasi impossibile rinunciare al suo valore nella fase difensiva. Sommato all’inglese anche il ritorno di Ndicka, rinfrancato e apparso più maturo dopo la vittoria in Coppa d’Africa, dovrebbe giovare ai giallorossi.

L’ivoriano contro il Torino è stato il migliore per rendimento del pacchetto a tre scelto da De Rossi con 8 duelli vinti, 5 duelli aerei vinti, 92 palloni giocati (di cui 1/3 in avanti) – più di tutti i suoi compagni – con il 90% di precisione nei passaggi.

Il reinserimento di Ndicka e Smalling potrebbe permettere a De Rossi di risolvere un problema apparso evidente nelle sue prime partite e di cui ha anche con onestà parlato pubblicamente: i troppi gol presi a difesa schierata sui cross dalle fasce laterali. Su 10 reti incassate sono 6 di cui due proprio contro il Torino lunedì sera. Urge un’inversione di rotta, magari con una risistemazione del quartetto difensivo.

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Calciomercato

Il Bayern saluta ufficialmente Tuchel: a giugno uno tra Mou e Conte

Il Bayern Monaco, a seguito anche dei recenti risultati negativi della squadra tedesca, ha deciso di risolvere consensualmente il contratto con Tuchel. Il tecnico guiderà il Bayern fino al termine della stagione poi sarà scelto un nuovo allenatore. Mourinho e Conte i nomi principali, ma occhio anche a Xabi Alonso.

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Interviste

Mourinho al veleno: “Assente dalle fasi finali europee perchè eliminato da chi non capisce di calcio”

“Stanno per iniziare le competizioni europee, in particolare la Champions League, forse la competizione più importante del calendario mondiale. Non ci sarò a queste fasi finali, non perché sia ​​già stato eliminato, ma perché sono stato “eliminato” da qualcuno che di calcio ne sa poco. Così è la vita, piena di alti e bassi, e io sono in crescita, nonostante il licenziamento tanto inaspettato quanto ingiusto. Ma tornerò, e con ancora più entusiasmo e fiducia, per queste partite UEFA”. Così Josè Mourinho, nel suo primo commento ufficiale dopo l’esonero con la Roma, in un articolo scritto su football.com.

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APPROFONDIMENTI

Roma-Feyenoord story, una sfida infinita – AUDIO

FOCUS RS (di Checco Oddo Casano)Rotterdam, Tirana, Roma. L’Olimpico, il De Kuip, l’Arena Kombetare. Ma anche la Barcaccia, la banana a Gervinho, gli screzi tra Slot e Mourinho. Gol, parate, pali, gioia e disperazione. Roma-Feyenoord è un condensato di emozioni, è una classica europea tra queste due formazioni che tornano ad affrontarsi per la quarta volta negli ultimi 10 anni. Nuovamente senza tifosi delle due squadre in trasferta, dopo gli scontri e le barbarie degli olandesi a Piazza di Spagna nel 2015. Ma andiamo con ordine.

ASCOLTA LA CLIP COMPLETA – ROMA-FEYENOORD STORY di Checco Oddo Casano

Febbraio 2015, la Roma di Rudi Garcia pesca gli olandesi di Fred Rutten e di un giovanissimo Karsdorp, schierato al posto del terzino Wilkshire mandato al manicomio da Gervinho.

Nella gara d’andata, l’ivoriano segnò all’Olimpico, ma la Roma venne rimontata dal gol di Colin Kazim-Richards. Al ritorno, nella tumultuosa atmosfera del De Kuip, Gervinho segnò nuovamente, chiudendo il discorso dopo il vantaggio di Adem Ljajic e il pareggio di Elvis Manu. Tuttavia, questo match fu segnato anche da un atto di razzismo, con il lancio di una banana gonfiabile, l’ennesimo episodio di una rivalità che sfociò anche nel danneggiamento della Fontana della Barcaccia a Roma.

Proprio a margine della sfida d’andata, centinaia di hooligans arrivati da Rotterdam, in preda ai fumi dell’alcool, misero a ferro e fuoco il centro della capitale, vandalizzando alcuni storici monumenti e producendo danni inestimabili. Una situazione mal gestita a livello di ordine pubblico che ha inciso sul divieto di trasferta vicendevole che le prefetture di Roma e Rotterdam hanno emesso, come lo scorso anno, anche in vista della nuova doppia sfida.

Nel 2022 a Tirana, la Roma ritrova il Feyenoord in finale di Conference League. Josè Mourinho guida i suoi al successo internazionale che manca da oltre sessant’anni, ma la partita è tiratissima fino all’ultimo secondo. Gli olandesi sono praticamente campioni d’Olanda e non perdono da diversi mesi una gara ufficiale, la Roma però è arrivata in finale trovando una quadra tattica quasi insospettabile nei primi mesi. Difesa a tre, con uno Smalling straordinario, Mkhitaryan a centrocampo (sostituito causa infortunio da Sergio Oliveira, altro segreto tattico del primo anno Mourinhiano) con Pellegrini e Zaniolo a supporto di Abraham, capocannoniere del torneo.

La finale la decide proprio il 22 su un lancio illuminante di Mancini, buco di Trauner, e palla nel sacco. L’Arena Kombetare, nella sua ampia parte romanista, esplode di gioia. Nella ripresa Rui Patricio, salvifico, tiene in piedi l’1-0, i giallorossi sfiorano il raddoppio, ma basta una rete per portare nella capitale la Coppa. Ed è grande festa.

25.5.2022 Conference League Finale : Roma vs Feyenoord Nella foto: Pellegrini Coppa (Foto Gino Mancini)

A distanza di pochi mesi, ancora una voltaFeyenoord e Roma si trovano di fronte, questa volta nei quarti di finale di Europa League. L’allenatore olandese Slot stuzzica Mourinho, sostenendo che prima della partita di ritorno guarderà il Napoli e non i giallorossi. Dopo la vittoria e il passaggio della Roma in semifinale, Mourinho cerca il collega nel tunnel che porta agli spogliatoi e gli sussurra (per usare un eufemismo): “Respect, respect. Guarda il Napoli, ma dovresti guardare noi. Se questo è il tuo gioco, dovresti andare a casa in fretta. Guarda il Napoli e il Manchester City, ma dovresti osservare noi, rispetto”.

La Roma soffre in entrambi gli incontri, ma alla fine trionfa, sulla scia della finale di Conference League dell’anno precedente. Mats Wieffer decide la gara in Olanda, costringendo la Roma a una rimonta all’Olimpico, con una partita tesa che sfocia nei supplementari. Igor Patxão pareggia la rete di Spinazzola e Dybala, nei minuti finali, regala l’extra time a Mourinho: El Shaarawy e Pellegrini umiliano nel finale gli olandesi, che tornano a casa a testa bassa. 

Roma-Feyenoord, una rivalità che continua, ora senza Mourinho, ma con De Rossi, erede di questa tensione, al suo debutto, con il peso di mantenere viva la tradizione. Ma Daniele conosce il De Kuip, ci giocò nel 2015. Sembra quasi la chiusura di un cerchio calcistico. Fino al prossimo sorteggio…