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APPROFONDIMENTI

De Rossi nelle prime 10 in A è sul podio dei migliori di sempre: i numeri

Pareggio amaro sì, ma che sposta leggermente in negativo una media punti comunque importante. Daniele De Rossi ieri a Lecce ha diretto la sua decima partita ufficiale sulla panchina della Roma, portando a casa un solo punto che si somma ai 22 precedentemente centrati.

Totale 23, 2,3 di media e terzo migliore di sempre nella storia romanista nelle prime 10 ufficiali in A, dietro a Eusebio Di Francesco (26 punti) e Rudi Garcia (30).

Non male dunque per l’allenatore capitolino, che ancora però non ha rinnovato il contratto con la Roma. La società osserva e valuta, ma ancora nessun annuncio ufficiale e siamo entrati nel mese di aprile…

Pareggio amaro sì, ma che sposta leggermente in negativo una media punti comunque importante. Daniele De Rossi ieri a Lecce ha diretto la sua decima partita ufficiale sulla panchina della Roma, portando a casa un solo punto che si somma ai 22 precedentemente centrati.

Totale 23, 2,3 di media e terzo migliore di sempre nella storia romanista nelle prime 10 ufficiali in A, dietro a Eusebio Di Francesco (26 punti) e Rudi Garcia (30).

Non male dunque per l’allenatore capitolino, che ancora però non ha rinnovato il contratto con la Roma. La società osserva e valuta, ma ancora nessun annuncio ufficiale e siamo entrati nel mese di aprile…

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APPROFONDIMENTI

DDR e Di Fra, avversari ma amici: quanti incroci con la Roma dal 2000

La Roma domani pomeriggio alle 18.00 affronta al Benito Stirpe il Frosinone di un grande ex, Eusebio Di Francesco. Sarà un incontro particolare tra l’ex mister giallorosso e Daniele De Rossi, suo capitano ai tempi della Roma che sfiorò la finale di Champions League. I due sono legati da una profonda amicizia che risale anche ai tempi in cui Di Francesco, da giocatore della Roma, vinceva il terzo scudetto, mentre Daniele era un giovane centrocampista della Primavera pronto a fare il grande salto.

Negli anni successivi, con Spalletti in panchina, Di Francesco fu anche team manager della Roma e De Rossi ormai era una certezza della squadra in mezzo al campo. Insomma un incontro da avversari sì, sul campo, ma tra due amici che si stimano enormemente.

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Avversario

Frosinone, contro la Roma sarà emergenza difesa: le ultime

Vale a dire Cuni, Bonifazi, Ghedjemis e Zortea, che hanno svolto differenziato e quindi Lusuardi e Oyono peri quali c’è stato un lavoro personalizzato. Sei calciatori ai quali vanno poi aggiunti i lungodegenti Marchizza e Kalaj. Se tutto ciò non bastasse contro la Roma mister Di Francesco non potrà contare nemmeno su Romagnoli, che è stato fermato per un turno dal giudice sportivo.

Come scrive il Corriere dello Sport, in altre parole, cosi come da diverse settimane a questa parte, anche per la sfida con i giallorossi il Frosinone dovrà farei conti con l’emergenza totale per quanto riguarda si pacchetto arretrato. Quattro soltanto i difensori di ruolo a disposizione, vale a dire Lirola, Monterisi, Malesi e Okoli. Lo scrive il Corriere dello Sport.

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Rassegna stampa

Lukaku e Dybala le medicine per far stare meglio la Roma

La Roma prende la medicina ma è tutt’altro che guarita. I giallorossi hanno battuto 2-0 il Frosinone in un match che ha mostrato ancora tanti giocatori in cerca della forma migliore. Avere in attacco Dybala e Lukaku è però una garanzia: la Joya ha servito due assist, mentre Big Rom ha segnato 4 reti nelle ultime 5. Inoltre è tornato al gol Pellegrini, il quale non siglava una rete dal 24 aprile.

Come scrive il Corriere della Sera, Di Francesco ha fatto un po’ di turnover, schierando Cuni in attacco e proprio lui è andato vicinissimo allo 0-1 in due occasioni. Poi Lukaku ha sbloccato il match con un grande movimento a ricciolo su assist di Dybala. Nella ripresa è poi arrivato il raddoppio con Pellegrini, che ha spinto in rete il cross della Joya su punizione.

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Rassegna stampa

Riecco Di Fra, l’ex eroe di Coppa che adesso fa volare il Frosinone

Che i numeri siano realtà astratte in cui leggere ciò che conviene, in fondo è storia antica. In questo senso, la parabola di Eusebio Di Francesco – dagli altari alla polvere – può sintetizzare bene l’assunto che spiega come la realtà sia plasmabile più o meno alla stregua del sentimento. Non è un mistero che l’allenatore di uno stupefacente Frosinone, che guarda dall’alto Lazio e Roma, abbia il giallorosso tatuato sul cuore.

Come scrive la Gazzetta dello Sport, la sua prima stagione è rimasta incagliata nell’immaginario collettivo, non tanto per il 3° posto in classifica e relativa qualificazione nell’Europa che conta, ma per la straordinaria cavalcata in Champions conclusa in semifinale contro il Liverpool, solo per via di arbitraggi discutibili. Ma la vera gemma è stata lucidata nel ritorno dei quarti, il 10 aprile 2018, in occasione della ormai storica “remuntada” (3-0) ai danni del Barcellona di Messi. (…)

«Quell’addio fu colpa anche mia. Non ho saputo gestire la situazione mentalmente», ha detto due giorni fa Eusebio, che oggi probabilmente non sarà rimpianto da nessuno dei sessantamila dell’Olimpico. Eppure, oltre ai risultati, anche questo è un modo per essere Special.

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Rassegna stampa

Roma nella bufera. Ora anche il Frosinone di Di Francesco fa paura

Il giorno dopo a Trigoria, dove c’è la società al completo a partire dai Friedkin, il clima non è da tutti contro tutti come altre volte è accaduto. Nonostante la bufera – che pure c’è, esiste – la Roma sembra un corpo unito. Compatto.

La Roma ha avuto finora 14 infortuni, non ha un gioco definito, si ritrova in zona retrocessione, è senza idee e le scelte di Genova, con Cristante centrale nella difesa a 4 e una squadra con tutte le punte in campo (Belotti ala) che neanche il peggior Carlos Bianchi, sono tutte spie di una situazione non facile.

Come scrive il Corriere della Sera, le persone più importanti del gruppo sono in scadenza: il gm Pinto, Mourinho e Lukaku. Poi c’è Dybala che non scade ma ha una via d’uscita a soli 12 milioni. Vederlo così immalinconito, proprio adesso che fisicamente sta bene, e senza ritmo fa riflettere. Fuori dal campo i blocchi sono chiari: basti pensare che giovedì sera le mogli di Pellegrini, Mancini, Cristante, Spinazzola e Belotti erano tutte insieme a vedere la partita. In campo, però, non sembrano esserci divisioni. Peccato che nessuno sappia dimostrare questa presunta unità. E che dalla proprietà arrivi un input chiarissimo: tornare nell’Europa che conta è l’obiettivo minimo.

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APPROFONDIMENTI Avversario

Lecce, un altro ‘miracolo’ targato Corvino: la formazione titolare è costata solo 2,5 milioni

L’AVVERSARIO (di Francesco Oddo Casano) – Domani pomeriggio allo stadio Via del Mare, la Roma non troverà solo un ambiente infuocato, ma anche un avversario molto insidioso. Il Lecce di Baroni (ex della sfida, militò in maglia giallorossa nella stagione 86-87′), è attualmente a quota 23 punti in classifica, +9 sulla zona retrocessione.

Una neo promossa che ha saputo rintracciare sul mercato i rinforzi giusti senza spendere cifre folli o investire i denari metti sul tavolo da altre società dello stesso calibro come Cremonese e Monza. La formazione titolare che sta trovando sempre più spazio nelle ultime domeniche infatti è costata solo 2,5 milioni.

Falcone, il portiere (di fede giallorossa), Umtiti, Gallo, Gonzalez e Colombo sono arrivati a costo zero o in prestito secco; Gendrey, terzino destro, è costato 300 mila euro, Baschirotto circa 350 mila euro. A centrocampo il perno centrale è Hjulmand – attenzionato anche dalla Roma – acquistato da Corvino per 170 mila euro, poi ancora Blin 600 mila euro, Strefezza 550 mila euro e Di Francesco 500 mila.

La squadra salentina è reduce da una vittoria, due pareggi e due sconfitte nelle ultime cinque sfide di Serie A, ma ha dato parecchio fastidio, soprattutto in casa, alle grandi, fermando il Milan sul pari, battendo la Lazio e perdendo solo di misura con Inter e Juventus. Dunque fari accesi da parte di Mourinho sulle insidie di questo match. Il Lecce ha incassato appena 24 gol, 4 in più della Roma segnandone 21. Strefezza è il calciatore più prolifico (con 7 sigilli stagionali) in un 4-3-3 molto vivace e fluido soprattutto nella capacità della squadra di Baroni di accompagnare con diversi uomini l’azione offensiva in area di rigore avversaria. Non è una squadra che ama fraseggiare o tenere alta la soglia del possesso palla (penultima in A per media di possesso a partita), ma attenzione ai calci piazzati dove calciatori come Baschirotto hanno già dimostrato di saper fare la differenza (3 le reti su sviluppi di palle da fermo per il centrale rivelazione dei salentini).

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Interviste

Di Francesco: “Roma, sbagliai ad accettare il mercato del secondo anno”

Eusebio Di Francesco è tornato a parlare. L’ex tecnico giallorosso ha rilasciato un’intervista ai microfoni de la Gazzetta dello Sport:

Dalle semifinale di Champions allo stop. Il calcio è senza memoria?
Sì, ma fa parte del gioco. Comunque quando, come nel mio caso, un allenatore non fa bene per poco di trenta partite – fra Samp, Cagliari e Verona – è anche perché non ha avuto modo di fare continuità a un lavoro. Comunque non sfuggo alle mie responsabilità. Tra l’altro, è stato detto che ero legato al denaro, invece le dico che alla Samp – dove volevo andare via già alla seconda giornata perché non ero d’accordo con le scelte – si è parlato di esonero, mentre ho rescisso, lasciando quasi due anni. Stessa cosa ho fatto a Cagliari, perché i progetti non era stati rispettati: ho fatto togliere una clausola rescissoria da 3 milioni. A me piace allenare con le persone giuste.

Torniamo alla sua Roma dimenticata: stupito?
Diciamo che c’è un po’ di rammarico. Non ho rancore, ma solo voglia di rimettermi in gioco. In fondo ho anche portato il Sassuolo in Europa League. Tornando alla Champions coi giallorossi, la remuntada col Barcellona nacque in una settimana, non da un percorso. La mentalità europea è quella che mi piace.

Si è detto che lei è stato troppo aziendalista, accettando di farsi smantellare la squadra.
Io sono abituato a lavorare con quello che ho, anche se a volte si può sbagliare. Non ero d’accordo con quel mercato. Però sono stato io a lanciare Zaniolo, quando dei club non lo volevano neppure in prestito. Invece lo feci esordire col Real Madrid per fargli capire che credevo in lui. Un po’ come ho fatto con Berardi.

Che lei voleva alla Roma.
Le racconto un retroscena. Dopo il no di Malcolm. volevamo prenderlo, ma lui ci disse: “Non voglio essere una seconda scelta”. Oltre a essere un ragazzo straordinario, Domenico dimostrò di avere anche le palle.

Ma è vero che per lei la gestione Monchi è stata un disastro?
Sono generalizzazioni. Certo, il secondo anno il rapporto è cambiato. Si era logorato qualcosa e io mi sono fatto un po’ da parte, invece dovevo andare a sbattere con le mie idee.

Le piace la gestione Friedkin?
Molto. Ho gioito per la Conference e mi è piaciuto il mercato. È stato fatto con criterio. La Roma è costruita bene come identità tattica. Per me può togliersi soddisfazioni. Con l’Atalanta non meritava di perdere. La cosa più bella è l’entusiasmo che si è ricreato. L’Olimpico pieno spinge tanti. Anche nell’errore c’è un applauso in più. Prima se si perdeva era una tragedia, ora se ne parla con positività, che fa bene alla squadra. Ma prima c’era del malumore verso i vertici del club, per il poco legame che si era creato.

Se potesse tornare indietro cosa non rifarebbe?
Dopo la semifinale di Champions con la Roma, non avrei dovuto accettare il mercato successivo. All’interno l’ho detto, ma il mio carattere mi ha portato a non dirlo pubblicamente. In questo Mourinho è un grande. Ma mi creda, proverò a migliorare anche in questo.

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Interviste

Pastore: “A Roma ero apprezzato ma con Di Francesco non c’era feeling. Fonseca mi voleva rilanciare, ma l’infortunio all’anca mi ha frenato”

Javier Pastore ha rilasciato un’intervista ai microfoni di Gazzetta.it. Il Flaco ha parlato anche della sua esperienza romana:

Alla Roma invece la sua avventura non è stata indimenticabile. Perché?
“Per tanti motivi. In primis, con Di Francesco non c’è mai stato feeling. Ero arrivato a Roma per fare la differenza, dopo aver rinunciato a un quinquennale con il Psg dove avevo davanti Di Maria, Neymar, Mbappé, Cavani… La società mi voleva fortemente, il mister no. Provò a schierarmi mezzala, poi mi lasciò fuori e cominciò a dire cose sbagliate su di me. Con Fonseca invece c’era un bel rapporto. Purtroppo però dopo il suo arrivo ho dovuto fare i conti con i problemi all’anca. A dicembre mi sono fatto male, per sei mesi mi sono allenato soffrendo e prendendo antinfiammatori. Tornavo a casa e passavo 4-5 ore sul divano, non ero in grado neppure di giocare con i miei figli. In estate decisi di operarmi, quella non era la mia vita”.

Avrebbe potuto lasciare prima la Capitale?
“Sì, ma mi fu chiesto di rimanere. Dopo il primo anno con Di Francesco la società voleva cedermi. Fonseca stoppò tutto per valutarmi in ritiro e, alla fine, decise di trattenermi. Mi disse che secondo lui ero uno dei più forti in squadra, che avrei fatto la differenza e mi avrebbe riportato al top. Ero entusiasta, però a dicembre mi sono infortunato e non sono riuscito a dargli quello che speravo. Nell’estate 2020 decisi di operarmi per rimettermi in forma, sei mesi dopo ero a disposizione ma la società aveva scelto di tagliarmi. E così l’anno scorso non mi hanno mai dato l’opportunità di mostrare che stavo bene”.

I suoi ex compagni, quest’anno, hanno vinto la Conference League. Ha continuato a seguirli anche dopo il suo trasferimento?
“Certo. Sono contentissimo per quello che hanno fatto: nella Capitale ho tanti amici, romani e romanisti, che meritavano di vincere. La Roma è una grande squadra, ha una tifoseria caldissima. E, al contrario di quello che può sembrare da certi commenti sui social, mi sono sempre sentito apprezzato. Per strada, nei negozi, ho sempre ricevuto supporto dalle persone che incontravo”.

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Roma, ‘assuefazione alla sconfitta’: negli ultimi 3 anni e mezzo perse 37 gare di campionato

“Nella Roma non si avverte il dolore della sconfitta”. Quante volte abbiamo sentito proferire, nelle ultime stagioni, da tanti tesserati giallorossi, questa affermazione? Sintesi di uno stato d’animo, ma anche simbolo di un fallimento. Come quello di cui si auto accusò Walter Sabatini nel 2016, lasciando Trigoria: “Non sono riuscito a far capire quale fosse la differenza tra la vittoria e la sconfitta”. All’epoca la Roma però viaggiava mediamente tra il secondo e il terzo posto, con campionati da vertice e diverse qualificazioni consecutive alla Champions League. I risultati stonati furono nelle coppe, soprattutto in Coppa Italia, dove assistiamo da anni a degli autentici suicidi.

Negli ultimi 3 anni mezzo, di fatto dopo la semifinale di Champions contro il Liverpool, la Roma ha preso una pericolosa deriva sportiva. Un quinto, un sesto e un settimo posto in campionato, dagli allori della massima competizione europea all’inferno della Conference League. In mezzo un ruolino di marcia tra campionato e coppe a tratti disastroso, con un breve ed unico periodo di parziale continuità in termini di punti conquistati, maturato lo scorso anno tra settembre e febbraio con Paulo Fonseca in panchina.

Per comprendere quanta assuefazione alla sconfitta (o alla mediocrità fate voi) ci sia a Trigoria ormai da diversi anni, basta tirar fuori alcuni numeri piuttosto eloquenti: nel quinquennio dal 2013-14 alla stagione 2017-18, con Garcia-Spalletti-Di Francesco in panchina, la Roma ha perso 58 gare totali tra campionato e coppe, di cui appena 29 su 190 gare totali di Serie A, pari al 15%. In questo arco temporale la squadra giallorossa ha totalizzato 399 punti, circa 80 di media a campionato.

Negli ultimi tre anni e mezzo il decadimento tecnico e di risultati è purtroppo certificato anche dai numeri: già 49 sconfitte maturate, di cui 37 in campionato (su 130 gare disputate il 28%). Di fatto la Roma è come se avesse perso un intero campionato negli ultimi tre e mezzo. Allarmante anche il fatto che molte di queste sconfitte si sono trasformate in autentiche disfatte: 23 gare con 3 o più gol subiti. A Mourinho dunque il compito di far riemergere il club dalle sabbie mobili dell’anonimato.