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APPROFONDIMENTI

Il Governo proroga il Decreto Crescita: ecco come si lega al futuro di Mourinho

Cosa lega il futuro di Mourinho al colpo di coda finale sul Decreto Crescita? Apparentemente due storie nettamente separate, una a carattere normativo, l’altra di natura prettamente sportiva, si ricongiungono invece in un unico discorso.

Ma partiamo dalla norma. Dopo aver optato per la sua abolizione, è notizia di queste ore la proroga del Decreto Crescita operata dal Governo attraverso l’inserimento nel Decreto Milleproroghe. Nella bozza scritta ieri, precisamente all’articolo 15 comma 3, si parla di “attuazione della riforma fiscale in materia di fiscalità internazionale”, disponendo che il Decreto “continui a trovare applicazione nei confronti dei soggetti che hanno trasferito la loro residenza anagrafica in Italia entro il 31 dicembre 2023” e che sia “prorogato al 29 febbraio 2024 se le società sportive datrici di lavoro risultano in regola con il pagamento degli obblighi fiscali contributivi e previdenziali”.

Una decisione che dà ossigeno ai club di serie A in chiave mercato invernale (compresa la Roma potenzialmente qualora ci fosse la possibilità di investire a titolo definitivo su un calciatore) ma anche sul tema rinnovi. E qui subentra la vicenda legata al futuro di Josè Mourinho. Come noto il tecnico portoghese è tornato in Italia, approdando nella capitale due anni fa dopo la sfortunata esperienza al Tottenham. Il suo ingaggio si aggira intorno ai 7,5 milioni di euro, ma al lordo grazie al D.C., Mou non costa alla società 15 milioni, ma poco meno di 10. Un vantaggio fiscale che permise a Friedkin di strappare il sì definitivo al tecnico.

La proroga del Decreto Crescita ha attualmente una deadline a fine febbraio. La stessa che la società pare abbia fissato, seppur ufficiosamente, per decidere se proseguire oppure no con lo Special One che invece ha chiarito già pubblicamente la sua intenzione di restare nella capitale ma anche che febbraio sarà il mese ultimo, dopo il quale penserà eventualmente al suo futuro senza Roma qualora dai Friedkin non arrivasse una proposta ufficiale di prolungamento.

Con questa mini proroga, comunque, le società di Serie A sperano che in questi due mesi si trovi il tempo e il modo di agire sul Parlamento per avere un emendamento che faccia saltare l’abolizione o per arrivare a una moratoria che rimandi l’intera faccenda di parecchi anni. Intanto però c’è tempo fino a febbraio e il futuro di Mou si lega a doppia mandata a questa nuova possibilità economica.

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Rassegna stampa

Roma e Mou ancora insieme? Ipotesi di rinnovo biennale

Il contratto di Mou è in scadenza a giugno e il suo futuro a Roma non è ancora stato definito.

Proprio per tale ragione, visto che la Roma – dopo mesi di silenzio – fa filtrare che il rinnovo (biennale) dello Special One non è impossibile, è ovvio che il feeling debba essere mantenuto anche nell’immediato futuro. Perché la famiglia Friedkin valuta tutto in base a un solo mantra: i risultati. Il primo della lista è ben noto: la qualificazione alla prossima Champions League. Adesso che il quarto posto – sia pure in condominio con il Napoli – è agganciato, alla Roma occorre non perdere terreno. La prova del nove arriva subito. Anzi, la prova dei sei, perché nel giro di un mese i giallorossi devono affrontare sei squadre di alta classifica, cominciando domenica con la Fiorentina, per poi passare attraverso le forche caudine rappresentate da Bologna, Napoli, Juventus, Atalanta e Milan.

Passando alle coppe, quella casalinga è da onorare. Se nella scorsa stagione ci fu l’harakiri interno contro la Cremonese, adesso il destino ripropone per gli ottavi di finale la stessa sfida sullo stesso palcoscenico: l’Olimpico. Il 3 gennaio sarà vietato sbagliare, così come (ancora di più) sarà vietato farlo nell’eventuale sfida dei quarti contro la Lazio. Il derby, infatti, è sempre quel tipo di partita che può cambiare mutare gli equilibri umorali di una stagione, senza contare che il bilancio dello Special One nella Capitale è fortemente deficitario: un successo, un pareggio e ben tre sconfitte.

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Rassegna stampa

Roma-Mou perché si. Tifosi, vetrina, mercato, grinta: così Friedkin pensa al rinnovo

Ricordate quel luogo comune che recita: “Le brave ragazze vanno in paradiso, le cattive dappertutto?” Ebbene, traslatelo al maschile e scoprirete come José Mourinho – “Io sono nato bandito”, ha detto parlando di sé appena dieci giorni fa – stia ribaltando tutti i vaticini sul suo futuro, riavvicinandosi al rinnovo con la Roma. Ad esempio, non sfugge a nessuno che una voce importante nell’aumento dei ricavi sia dovuto alla voce biglietteria e abbonamenti. […] Merito soprattutto delle decine di “sold out” che l’effetto Mou ha saputo generare.

Se poi la visibilità è l’anima del commercio, non c’è nessun allenatore al mondo che può garantirla più di Mourinho. Certo, la vetrina a volte gliela forniscono atteggiamenti e prese di posizione discutibili, ma grazie a lui di certo la Roma trova uno spazio sui media internazionali che con altri allenatori non avrebbe mai avuto.

Come scrive la Gazzetta dello Sport, non nascondiamolo, a orientare le scelte dei calciatori è quasi sempre l’ingaggio (e la Roma ha il terzo monte stipendi del campionato), ma davanti a salari analoghi, si è capito che essere allenati dallo Special One per tanti giocatori sia un privilegio. Non è un mistero che tante trattative difficili – Abraham, Matic, Dybala e Lukaku su tutte – siano state risolte dal fatto che sulla panchina giallorossa siede Mourinho.

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Calciomercato

Mourinho e Friedkin più vicini: il club difende il tecnico, il rinnovo ora è possibile

MOURINHO FRIEDKIN – Le parole in conferenza stampa studiate prima del match, la difesa a spada tratta di Pinto prima del match col Sassuolo, il ringraziamento pubblico di Mourinho rivolto a club e proprietà. La vittoria contro i neroverdi ha come suo riflesso specifico una ulteriore, importante sfumatura legata alla possibilità che il tecnico resti nella capitale.

Il contratto di Mou è in scadenza a giugno e nelle ultime settimane lo Special One, sempre più osannato dal pubblico allo stadio e in trasferta, ha lanciato segnali di apertura chiari verso una sua permanenza nella capitale.

La novità della giornata di ieri è stata la difesa dei Friedkin verso il mister che ha ringraziato (in portoghese) proprietà e Tiago Pinto per le parole nel pre gara. E’ stato un inedito che ha portato ad una nuova unità tra società e allenatore dopo mesi di silenzi e incomprensioni. E ora l’ipotesi di quel rinnovo contrattuale che il popolo romanista nella stragrande maggioranza ha chiesto ad alta voce, sembra decisamente più possibile.

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Calciomercato

Mou aspetta il rinnovo ma Friedkin riflette: la situazione

Le dichiarazioni di José Mourinho hanno confermato la sua intenzione di prolungare il contratto con la Roma: “Non so se resto. Rinnovo? Mai parlato finora con Friedkin.” Il pensiero del tecnico, seppur laconico, è chiaro sul futuro, lasciando aperto qualsiasi scenario. Al momento, però, non è giunto alcun segnale dalla proprietà.

Secondo quanto riportato da calciomercato.com, i Friedkin sembrano essere in attesa, forse per valutare i risultati sportivi fino a metà stagione, prima di prendere una decisione definitiva sul futuro di Mourinho, potenzialmente a gennaio.

Nel frattempo, la proprietà sta esplorando alternative. Una possibilità è affidare la guida della Roma a Thiago Motta, mentre un’altra opzione potrebbe essere l’investimento su un altro allenatore di spicco come Antonio Conte. Tuttavia, nel caso dell’ex allenatore della Juventus, sono richieste garanzie sul fronte del mercato e la situazione con i vincoli della UEFA potrebbe complicare la trattativa.

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Calciomercato

Mou pressa i Friedkin per il rinnovo: aspetterà fino ad inizio 2024

Una volontà precisa, convinta, manifestata attraverso gesti e parole. José Mourinho desidera con tutto sé stesso rimanere sulla panchina della Roma. Dalla promessa ai calciatori dopo Budapest agli elogi alla città e alla tifoseria. Il portoghese si sente amato e a sua volta ama la sua vita nella Capitale. Seppur in una fase diversa della carriera qui ha trovato di nuovo il piacere di lavorare. Ama il suo gruppo di calciatori anche se molti non sono considerati da lui stesso all’altezza. Sente di avere ancora un conto in sospeso con la città e i romanisti, un percorso incompiuto fermato da Taylor in Ungheria.

Come scrive il Tempo, per questo e per tanti altri motivi lo Special One ha chiaro nella mente il proprio futuro, ma sa benissimo che non dipende da lui. Il contratto dell’ex tecnico dell’Inter scade tra pochi mesi, alla fine della stagione. E ad oggi non c’è stato nessun incontro, né colloquio, né tantomeno in agenda è stato fissato tra la proprietà e l’allenatore della Roma. La disponibilità è totale, e anche senza uscite pubbliche la famiglia Friedkin sa benissimo cosa intende fare José. Curioso tornare indietro a due anni e mezzo fa e pensare a quanta forza hanno messo i proprietari per portarlo in giallorosso e quanto ora siano distanti da lui.

Un’abitudine quella dei texani di procrastinare e arrivare a ridosso delle scadenze. Succede spesso con i calciatori e sta accadendo anche con il gm dell’area sportiva Tiago Pinto. Ma José aspetterà ancora per un po’, non per sempre. Le offerte dall’Arabia e i piani incerti del Newcastle rappresentano un piano B per il portoghese, che potrebbe però trasformarsi in una soluzione concreta.

Ad inizio anno José vorrà, legittimamente avere certezze sulla prosecuzione o meno dell’avventura. I Friedkin sono sotto pressione, ma apparentemente non la sentono. Si fanno tante ipotesi su decisioni già prese, allenatori bloccati, e la loro serenità non permette di nutrire troppi dubbi.

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Interviste

Mourinho: “A Roma due fazioni: mourinhiani e anti-mourinhiani. Rinnovo? Non lo so”

Pubblicata da Sky Sport la seconda parte della lunga intervista a Josè Mourinho. Ecco l’estratto riferito anche alla Roma:

Esiste il mourinhismo?
«Anche l’anti mourinhismo. Specialmente a Roma, ci sono entrambe le fazioni. Il mourinhismo lo conoscono le persone che sanno cosa ho fatto. L’anti mourinhismo è cavalcato da gente felice in tutto il tempo in cui la Roma non vinceva una coppa, non aveva alcun tipo di successo europeo. Si divertono in radio e va bene. L’anti mourinhismo vende, il mourinhismo è un modo di stare nella vita più che nel calco. Lo dico perché trovo gente per strada, in ogni punto del mondo, che si identifica con me e con il mio modo di stare nella vita. Per, comunque, la partita più importante è sempre la prossima. Il resto è il passato, è storia».

La scelta di andare a Roma? Questo posto ha qualcosa di speciale
«Quando sono arrivato qui, non conoscevo la Roma. Ci ho giocato contro con l’Inter, mentre con il Porto ho giocato non contro la squadra più importante della città. Non conoscevo la Roma né come città di cuore calcistico, né la società AS Roma. Avevo allenato tre grandi squadre in Inghilterra, Manchester, Chelsea e Tottenham e volevo quindi andare fuori dall’Inghilterra. La Roma è arrivata con un discorso che mi è piaciuto, ed è stata la proprietà che mi ha fatto venire. Dopo, quando sono arrivato e ho imparato a conoscere il romanismo, ho imparato a conoscere tutti i loro dubbi, ho imparato a conoscere tutte le loro frustrazioni e ho cercato di entrarci dentro. Mi sono fatto tante domande, cui ho bisogno di rispondere con il tempo. Mi sono affezionato tanto al romanista. Mi piace il romanismo. Mi piace il romanista puro, mi piace il romanista della strada, che va la mattina a Trigoria solo per avere una foto. Mi piace la gente che segue la squadra ovunque. Quando arrivi in due finali europee e prendi la città con te, quando tu piangi di gioia con loro, tu diventi ancora più uno di loro. È ciò che sento adesso, è stato naturale. Quando sono in panchina e guardo alla destra all’Olimpico mi emoziono ancora. Quando guardo dietro di me non mi piace tanto, ma quando guardo alla mia destra mi fa venire i brividi, è gente che rimane con me, anche quando un giorno andrò via».

Quando guardi dietro di te, intendi la tribuna.
«Sì ma non solo a Roma, succede ovunque. Alcuni vanno a bere champagne, mangiare e altri invece fanno un lavoro enorme, non mangiano o mangiano male, dividono la macchina perché magari non hanno molti soldi, mentre gli altri sono i dottori del calcio. Il calcio è lo sport più popolare del mondo, si può giocare anche con una pietra per strada e sta diventando invece uno sport per l’elite, non nella pratica ma nella gente che sta dietro di te. Chi sta a destra e a sinistra (le curve, ndr) è invece veramente innamorata del calcio».

Il murale con la vespa a Testaccio?
«La vespa è lì a Trigoria, me l’ha regalata la proprietà quando sono arrivato. Quando si entra a Trigoria, purtroppo, non ci sono tante coppe e lì c’è la vespa. Ora la lascio lì, quando un giorno andrò via la porterà con me».

Tu hai detto che rimarrai altri 6-7 mesi. Ce ne possono essere di più?
«Non lo so. Prima di Budapest ho promesso ai calciatori che sarei rimasto. Dopo lo Spezia, all’Olimpico, con i gesti ho detto ai tifosi che sarei rimasto qua e adesso sono qua».

L’allenatore è un uomo solo?
«Ci sono modi diversi di analizzare la tua domanda. Quando vinci, tu hai difficoltà a camminare perché tutti stanno con te. Quando perdi, tu sei solo. Ovviamente, tu hai assistenti che stanno sempre con, c’è la famiglia, ci sono amici ma quando vinci hai difficoltà a camminare. Se perdi, sei solo. Questa la mia esperienza dopo più di 20 anni. Poi c’è l’uomo solo per scelta propria e, tante volte, io ho bisogno di rimanere da solo, di pensare da solo e qualche volta io sono con loro ma sono da solo perché sto nel mio mondo, non sento nessuno. Magari qualcuno sta anche male a stare con me in quei momenti, sono come ibernato nei miei pensieri. Per me, è un isolamento necessario».

Il rapporto con gli arbitri è anche strategia o nasce tutto sul campo?
«Strategia di cosa? Non capisco queste cose. Non c’è strategia, c’è un gruppo di gente che lavora tanto e parlo di me, del mio staff, dei giocatori, del club, del popolo e c’è la difesa del popolo. Io sono una persona che quando sente un’ingiustizia ha difficoltà a conviverci. Non mi piace l’ingiustizia, anche quella sociale, ovunque. Non c’è alcuna strategia. Nel calcio, l’unico che può sbagliare e ha un aiuto per rimediare al suo errore è l’arbitro. L’allenatore, quando sbaglia, non può fermarsi e rifare da capo. Nemmeno il calciatore può tornare indietro, se sbaglia a due metri dalla porta. L’arbitro può farlo con gli assistenti, il quarto uomo, il VAR. Gli arbitri, quindi, devono sbagliare di meno. Quando vendo ingiustizie contro il mio popolo vado in difficoltà, è il mio modo di vivere».