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Mourinho all’Università Pontificia: “Romanisti speciali! Roma grande club anche se non ha vinto molto…”

MOURINHO ROMA TIFOSI – Nel decimo anniversario dell’elezione di Papa Francesco, il Centro Fede e Cultura “Alberto Hurtado” della Pontificia Università Gregoriana ha scelto come tema annuale per il proprio ciclo di conferenze pubbliche quello del futuro, tra paure e speranze. Ospite della prima giornata di incontro José Mourinho:

“Vado subito a una cosa obiettiva. Sono uscito dall’università andando subito a fare il professore, ma un anno dopo sono andato a una scuola di bambini con sindrome di down e non ero preparato. La mia formazione universitaria era educazione fisica, sport di alto rendimento”. Il portoghese ha poi continuato: “Sono andato alla scuola ufficiale perché avevo bisogno di lavorare e quando mi hanno mandato in quella scuola lì non avevo né esperienza né formazione. E sono arrivato con paura. Sentivo la responsabilità di essere un ragazzo di 23 anni, un po’ come adesso, e che non mi sento di avere le capacità giuste. Alla fine di quei due anni, quando sono andato via, bambini, colleghi e genitori erano molto tristi perché ero un professore eccezionale. Perché? Perché ho preso la mia salvezza, l’unica cosa che ho da dare è l’amore. Niente di più. E ho creato un rapporto con i bambini, che ancora oggi vedo quando vado in Portogallo”.

“Purtroppo il mio sport è un mondo diverso dallo sport che noi vorremmo per i nostri bambini. Lo sport di alto rendimento è crudele, non c’è spazio per i più deboli e l’obiettivo è chiaro: vincere. E i primi a portare i figli verso la crudeltà dello sport di alto rendimento sono i genitori con le loro ambizioni – ha proseguito – Nello sport di base si impara tanto, si impara di più che dentro della propria casa. ll bello del calcio di formazione è l’empatia, la solidarietà e prevede la ricerca nella gioia di vincere e sapere che quando si perde la sconfitta non è l’inizio di un periodo difficile, ma il finale di un momento difficile”.

Poi un passaggio sulla Roma: “Il modo più facile per definire un grande club è dire ‘vince tanto e quindi un top club’. Ma ci sono grandi società che non hanno mai vinto e sono grandi dal punto di visto sociale e affettivo. La Roma ha questa bellezza, che è ancora più bella quando la comunicazione locale cerca di dividere. Sono io a ringraziare i tifosi per quello che mi hanno dato in tutto questo tempo. Dal punto di vista sociale la gente ha bisogno di un riferimento, che non sono io ma è il club, in questo caso il nostro club. Questa empatia, questo senso di appartenenza, di famiglia, questo senso di ‘vinciamo e siamo felici, perdiamo e siamo tristi ma siamo insieme’ è un po’ come nelle famiglie”