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Le 3 cose che ci ha detto Torino-Roma

Le 3 cose che ci ha detto Torino-Roma

Matteo Corona

La vittoria di ieri è stata molto più preziosa di quanto si possa pensare: evitare i scomodissimi preliminare di Europa League non è cosa da poco, e ce lo insegna la storia (lo stesso Torino ne sa qualcosa). A maggior ragione nella prossima stagione, dove praticamente si tornerà a giocare poche settimane dopo dalla fine di questa. Anche ieri si sono viste molte note positive nell’ormai “classica” disposizione della Roma. A tal proposito, va sottolineata la sapienza di Fonseca quando, nel post partita, si esprime in questo modo: “Preferisco l’altro modulo, ma con questo riusciamo ad esprimerci meglio collettivamente”. Se offensivamente parlando la produttività di palle gol e il dialogo tra i vari componenti continua a dare risposte incoraggianti, difensivamente si denotano ancora alcuni errori assolutamente da non commettere contro una squadra astuta e maliziosa come il Siviglia. Mancini è sicuramente chiamato a leggere con maggiore concentrazione e rapidità le azioni avversarie – ieri Berenguer ha preso bene spazio e tempo – mentre Pau Lopez deve ritrovare lucidità mentale a tutti gli effetti. Detto questo, andiamo ad analizzare le 3 cose che ci ha detto Torino-Roma, questa volta in ottica più positiva, vista la premessa iniziale (dal punto di vista della fase difensiva) e il raggiungimento della quinta posizione.

 

Finché c'è Dzeko c'è speranza: classe, condizione fisica, totalità bosniaca – Di certo non scopriamo la totalità di Edin Dzeko nella partita col Toro. Tuttavia, visto che si parla spesso di una sua eventuale partenza e della questione anagrafica, va sottolineato – più volte – un punto chiave:a  34 anni uniti a 1.86 di altezza, il cigno di Sarajevo è uno dei calciatori più in forma di tutto il campionato, anzi di tutta Europa. Il tutto è avvalorato dal fatto che, in un’annata anomala, molti giocatori “pesanti” hanno fatto gran fatica a rientrare in forma – o comunque a raggiungere buoni livelli -. Lui no, lui è differente. Diventa anche complicato trovare degli aggettivi adeguati per descriverlo. La completezza e l’intelligenza che lo contraddistinguono gli permettono di instaurare un rapporto produttivo con tutti. Certo, ci sono pedine con cui il feeling è speciale, come Mkhitaryan, con cui ieri ha costruito la rete del pareggio, ma in generale è praticamente impossibile non trovarsi bene con un giocatore con queste qualità. Un nove con i piedi da dieci, assist, sponde, tecnica e colpi di testa. Classe e furbizia anche in occasione del rigore, doppio passo e movimento che costringono Djiji al fallo.  L’età media della “vita calcistica” si è allungata, Dzeko è uno dei tanti esempi. 

 

Muro Inglese – Chris Smalling ha un ruolo centrale nei giallorossi. Quando Fonseca è passato a tre dietro, molti avevano dei dubbi sulla sua influenza. L’inglese ha dato sempre garanzie, come del resto ha fatto per tutta la stagione. A differenza di quanto si possa credere, duellare con Zaza – insidioso e fisico – non è mai un compito agevole. In generale, anche nei big match, dove la Roma non ha ottenuto grandi risultati quest’anno, lui si è sempre mostrato attento e preciso nelle chiusure. Leadership e carisma al servizio della squadra, ordine e tranquillità al reparto. Il numero sei ha sforato spesso una buona confidenza con il gol. Oltre al gol importantissimo e notevole di ieri – stacco imperioso e colpo di testa fulmineo – nel girone d’andata contro l’Udinese al Friuli aveva siglato il raddoppio, in un momento chiave vista l’inferiorità numerica. In attesa di capire cosa accadrà tra Roma e Manchester, bisogna essere obiettivi: la presenza di Smalling è ragguardevole, la sua presenza e il suo valore sono marce in più.

 

Crescita Diawara – Partiamo da un presupposto: trovare un giocatori, davanti alla difesa, che sappia garantire efficenza, efficacia, lavoro oscuro e geometrie, nel calcio moderno è cosa rara. Diawara è stato fortemente voluto da Fonseca. Il portoghese lo aveva visto all’opera in Champions ai tempi dello Shakhtar contro il Napoli. Il centrocampista, dopo un inizio in salita, si è preso con continuità il suo posto nella zona nevralgica e, prima dell’infortunio, stava garantendo prestazioni di livello, sfiorando livelli di un certo tipo. L’operazione ha pesato e ci è voluto del tempo, ma dopo il lockdown anche lui è tornato. Se Veretout sta sfoggiando perfomance incredibili è anche per merito suo, grazie alla sostanza che mette nel supporto ai compagni. Ieri ha sbagliato in un paio di occasioni, ma dopo il gol dagli undici metri ha praticamente azzeccato tutto. A proposito, non è un caso che abbia battuto il rigore: ai tempi di Napoli aveva più volte svolto questa consegna, come contro il Manchester City, in Champions. Insomma, al di là delle prestazioni proposte, il centrocampista sembra avere anche una buona personalità nel prendersi alcuni rischi. Buoni segnali in vista del Siviglia, soprattutto se consideriamo che Veretout non ci sarà.