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Caso Scommesse, Prof. Lubrano a RS: “Inchiesta delicata. Ecco cosa rischiano giocatori e club”

Enrico Lubrano, titolare di insegnamento di Diritto dello Sport alla LUISS e Vice Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Roma, è intervenuto ai microfoni di Retesport – nel corso della Sveglia Giallorossa – in merito all’inchiesta sul caso scommesse che in queste ore ha coinvolto Fagioli, Zaniolo e Tonali:

“La situazione è piuttosto delicata, perchè l’inchiesta si sta ampliando a diversi tesserati, per la prima volta si parla di situazioni di vertice, in passato è successo più in campionati minori come la Serie B o la Serie C, non è da escludere che sia una situazione di altissimo livello. La normativa sportiva della FIGC è chiara: l’articolo 24 del codice di giustizia sportiva impone il divieto di scommettere ai tesserati, anche su siti legali, su qualsiasi competizione UEFA, FIFA o FIGC. L’intendimento della norma è evitare che venga colpito il sistema nella sua interezza, non colpisce solo chi eventualmente scommette sulla propria squadra e si spiega così il rischio di sanzione di almeno 3 anni di squalifica, poi valutabile e quindi può essere ridotta rispetto al minimo edittale alla luce di eventuali circostanze attenuanti, ma resta un quadro sanzionatorio molto pesante”.

Dai tesserati alle società, qual è in questo caso il quadro normativo? La responsabilità delle società quando può emerge?
“La responsabilità delle società può essere di due tipologia: oggettiva per la condotta di tutti i suoi tesserati, ma è di tipo minore, per cui laddove in questo caso il tesserato fosse squalificato, la società rischierebbe in termini di sanzione solo un’ammenda pecuniaria. Può invece una responsabilità diretta soltanto quando il legale rappresentante (esclusivamente presidente o amministratore delegato) della società possa aver partecipato attivamente alla pratica delle scommesse o posto in essere una condotta di omessa denuncia. In questo caso sono previste anche sanzioni più gravi come penalizzazioni e retrocessioni. Se altri tesserati erano a conoscenza ma non hanno denunciato, c’è una responsabilità oggettiva ma non diretta”

Può essere un vero terremoto per il calcio italiano?
“I fatti vanno verificati tutti e servono prove rigorose sul piano penale ma anche in ambito sportivo, nonostante in questo caso lo standard probatorio non sia fondato sul principio dell’oltre ogni ragionevole dubbio, ma sul principio del ‘più probabile che non’ come sistema di standard probatorio. Un conto è avere la notizia di un presunto reato, un conto è invece determinare attraverso atti di indagine il reale coinvolgimento di uno o più tesserati, o addirittura un sistema. Allo stato attuale c’è un’escalation di notizie che coinvolge potenzialmente più tesserati, ma siamo ancora in una fase embrionale quindi è impossibile fare valutazioni concrete su quanto inciderà”

Possibile che ci siano delle richieste di risarcimento danni da parte delle società involontariamente coinvolte dalla presunta condotta illecita dei propri ex tesserati o attuali?
“E’ uno scenario che non va escluso. Le società hanno delle forme di tutela rispetto alle condotte dei propri tesserati nell’ambito del rapporto di lavoro sportivo, per cui se un tesserato viene squalificato la società applicare la riduzione dei compensi, se il tesserato viola delle norme la società può comminare delle multe, se il tesserato viene squalificato oltre 6 mesi la società può anche predisporre la risoluzione del contratto. E’ possibile che queste tutele, di natura sportiva, possano non essere del tutto sufficienti a tutelare completamente gli interessi della società che potrebbe anche rivendicare un danno di immagine e quindi azionare anche delle cause risarcitorie. Parliamo di situazioni estreme, non ci sono precedenti su questo, ma non va escluso in astratto”

Qualora si arrivasse a delle squalifiche dei calciatori, le società che hanno acquistato i rispettivi cartellini e scoprono che tali condotte sono state compiute in precedenza, continueranno a pagare il compenso pattuito per l’acquisto degli stessi?
“Sì non c’è una ragione giuridica per non continuare a pagare il prezzo concordato per l’acquisto del calciatore. Chiaramente la nuova società può attivarsi e rivalersi sul tesserato con azioni individuali come spiegato prima”

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