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Mou e i ‘suoi registi’: la mutazione della Roma

MOU E I SUOI REGISTIFOCUS RS (di Francesco Oddo Casano) – Il mercato catalizza attenzioni mediatiche, alimenta i sogni dei tifosi ma anche ansie vista l’annosa vicenda legata alla punta. Il mercato amplifica tensioni e aspettative degli allenatori che vorrebbero lavorare senza ulteriori pressioni e pensieri. I giorni di fine agosto, a ridosso o subito dopo la ripresa ufficiale della stagione sono immersi o sospesi spesso in una dimensione dicotomica. Immaginate una creatura bicefala, che lavora sui tavoli delle trattative e contemporaneamente anche in campo.

LA PUNTA E I NUOVI PUNTI – Mourinho, al suo terzo anno a Roma, attende buone notizie da Tiago Pinto sul fronte centravanti e nel frattempo prova a plasmare la sua nuova squadra, modellandola su principi leggermente diversi rispetto allo scorso anno. “Abbiamo svolto un’ottima preparazione – ha dichiarato lo Special qualche giorno fa in conferenza – che ci ha permesso di migliorare e affinare diversi aspetti tattici del nostro gioco”. Il tecnico non si è sbilanciato oltre, non ama svelare le sue carte o parlare di strategie, forse anche per questo produce in chi ascolta l’idea che non ci sia accuratezza tattica nel suo percorso didattico. In realtà, evidentemente, non è così. La differenza tra Mourinho e altri allenatori, è che il portoghese non è un dogmatico, ma un pragmatico. Adatta i suoi concetti di calcio alle caratteristiche dei giocatori migliori che ha e nella Roma, evidentemente più che in altre realtà, spesso ha dovuto fare di necessità virtù.

PERCORSI E CAMBIAMENTI – Nella scorsa stagione l’infortunio di Wijnaldum ad inizio anno ha rotto sul nascere diverse uova nel paniere. Mou fu costretto a schierare l’indigesta coppia Cristante-Matic, che impiegò diverse settimane a carburare. Poi eliminato l’equivoco Zaniolo, la squadra ha trovato una sua conformazione chiara: grande compattezza e densità difensiva, una linea più a cinque che a tre nella sostanza, con Dybala gradualmente sempre più avvicinato alla porta e Pellegrini irrimediabilmente sempre più arretrato in mediana. Dal 3-4-2-1 si è virato verso il 3-5-2, come accaduto a Budapest dove la Roma disputa una delle migliori partite stagionali, ma purtroppo come sappiamo non è bastato per alzare la Coppa (d’altronde Taylor non si batte con gli schemi).

Questa mutazione ha spinto il tecnico ad iniziare un (parziale) nuovo percorso con i suoi uomini, durante il ritiro estivo. Laddove lo scorso anno si ricorreva spesso al lancio in profondità sui centravanti per cercare fortuna su sponde ed eventuali seconde palle (simbolo chiaro il gol di Bove contro il Leverkusen), quest’anno la Roma ha in cantiere un modo diverso di sviluppare la manovra. Meno lanci lunghi, più ricerca della costruzione dal basso. Concetti non estremizzati ovviamente e meccanismi da oliare, ma la ricerca è questa.

I puristi e gli ipercritici diranno: “Beh alla fine Belotti segna su un lancio lungo di Llorente il primo gol e su calcio piazzato il secondo”. Insomma, la stessa Roma di un anno fa. Vero, se il calcio però fosse riferibile esclusivamente agli highlights. Nel corso dei 96, umidissimi, minuti dell’Olimpico, si è visto un percorso diverso, che necessita di tempo probabilmente, ma una traccia c’è già stata. Nella prima mezz’ora contro la Salernitana, l’undici giallorosso – privo di Dybala e Pellegrini squalificati e con Paredes in panchina – ha sperimentato e spesso trovato linee di passaggio nuove.

Foto Fraioli

MOU E I REGISTI ED ALTA TENSIONE – La sensazione è che Mou voglia innestare nell’undici titolare della Roma una mentalità nuova, che passi attraverso i piedi di più registi, a partire dalla difesa. Rui Patricio non è un purista del rilancio preciso, non ha i piedi di Alisson per intenderci. Smalling, si sa, è particolarmente apprezzato per le sue capacità difensive, non per come imposta. Mancini è bravo a trovare i compagni in profondità con aperture improvvise, ma non è Bonucci. Chi resta? Diego Llorente. Spagnolo, esperto, autorevole, coraggioso. Sul centro-sinistra l’ex Real Sociedad è il primo filo conduttore di questa alta tensione tecnica, in attesa di Ndicka che da mancino agevola uno sfogo più rapido e pulito sulla sua zona di competenza. Giro palla rapido da destra a sinistra e via con Diego a cercare lo scambio o lo scarico sull’esterno verso Spinazzola oppure l’imbucata per Aouar.

Il franco-algerino, apre il vero cantiere di questi giorni che riguarda il centrocampo: il pacchetto è stato fortemente rinforzato. Fuori Wijnaldum (nella versione turista per caso), Tahirovic, Camara (già scartato a dicembre) e il sig. Matic, dentro Aouar, Paredes, Renato Sanches oltre alla crescita di Bove, che un anno fa di questi tempi era ancora relegato alla categoria bambini. Qualità, fisicità, verticale, palleggio, c’è tutto, almeno in potenza, perchè come noto la differenza la farà la bravura dello staff atletico nel riportare al top della condizione questi calciatori.

Aouar è un delizioso ‘conduttore’ di palloni. Quando c’è da giocare di prima lo fa, quando c’è da portarla su per creare scompiglio in zona trequarti altrettanto. Deve trovare brillantezza, ma sarà un fattore nell’accrescere la qualità del gioco romanista. Visivamente, Cristante da play basso ha avuto più spazio di manovra, perchè le due mezzali tenevano lontano il primo pressing campano, ma con l’inserimento lì di Paredes, soprattutto in gare dove affronterai avversari particolarmente chiusi, la Roma acquisirà necessariamente ulteriori linee di passaggio, precisione nella rifinitura e aperture a 40-50 metri.

Infine Pellegrini e Dybala, ultima direttrice tecnica di questa mutazione, su cui c’è poco da aggiungere. Paulo si avvicinerà alla porta, farà meno lavoro di raccordo, perchè nella teoria di Trigoria c’è la possibilità con questo centrocampo, di portare palloni più puliti sulle mattonelle preferite dall’argentino. Il capitano, sulla carta, si gioca il posto con Aouar sul centrosinistra, ma giocherà anche insieme a lui e chissà, se Mou dovesse pensare ad un ulteriore aggiustamento tattico, anche sulla stessa linea, con qualche metro di distanza, immaginando un ritorno alla difesa a 4.

Work in progress significa sviluppo ma anche possibili inciampi. Per questo, al netto della punta che arriverà, la Roma con la mentalità Mourinhiana (e non dogmatica) ricorrerà ancora alla vecchia formula, perchè alla fine dei conti si sommano i punti e non le belle giocate. L’importante è ritrovare entusiasmo e inglobare i nuovi nello spirito di gruppo di questi anni. Ma la strada è lunga e una Roma ‘di rincorsa‘ con questa nuova veste, potrebbe essere una bella sorpresa di questa stagione.

MOU E I SUOI REGISTI

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