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Messi vs Mbappè: ha trionfato Leo, l’ultimo Jedi dell’era dei numeri 10

EDITORIALE RS (di Francesco Oddo Casano)Leo Messi ha trionfato, finalmente. Leo Messi ha portato sul tetto del Mondo la sua Argentina, battendo ai rigori la Francia di Mbappè. Una delle finali più belle della storia per la maggior parte degli osservatori, ma soprattutto una gara che probabilmente ha fotografato, quasi cristallizzato, il passaggio da un’era calcistica all’altra. Nella letteratura calcistica di questi giorni e dei prossimi anni, quella tra Francia e Argentina sarà la gara che descriverà, quasi in maniera romanzesca, una sorta di ‘guerra (sportiva) dei mondi’. Si sono affrontati due fenomeni di generazioni calcistiche diverse, uno quasi al tramonto di una carriera irripetibile, l’altro poco dopo l’alba, con già una Coppa del Mondo nel palmares, centinaia di gol e la voglia di prendersi presto, lo scettro e il trono, del ‘mas grande’.

Torneremo” ha twittato con orgoglio l’asso francese, capocannoniere di Qatar 2022 e sulla carta unico calciatore in grado di battere tanti dei record della ‘Pulce’. Giocano insieme, al PSG, secondo qualcuno non si amano più di tanto, ma non è questo il tema del contendere.

Leo ha voluto scrivere la pagina più emozionante sul suo personale libro leggendario, con 7 reti, 3 assist. Numeri corredati da giocate sopraffine nonostante l’età avanzata e qualche difficoltà fisica fisiologica, palesata nei finali delle gare giocate comunque fino al triplice fischio con l’orgoglio argentino. Kylian non si è arreso, mai, dimostrando di essere un calciatore fenomenale ma anche la massima espressione del cambiamento. Perchè Messi rappresenta, all’ennesima potenza, probabilmente non solo per molti la reincarnazione di Diego, ma soprattutto la coda finale di una meravigliosa generazione di numeri 10.

Da Platini a Maradona, da Totti a Zidane, ma anche Del Piero, Rui Costa, Ronaldinho, poi Kaka e Rivaldo (solo per citarne alcuni), per arrivare ad Ozil o De Bruyne, questi ultimi già figli di un calcio sempre più verticale. Leo è stato e sarà sempre il dies nel vero senso della parola. Non solo il più forte di sempre – titoli e numeri alla mano – ma rappresentante di un ruolo che in campo pian piano sta scomparendo. Il trequartista, il regista offensivo, il fantasista, il numero dieci, chiamatelo come volete, ma per tutti i bambini sogno calcistico per decenni, sta per passare definitivamente di moda, travolto dal vento del cambiamento. Fateci caso: quali squadre importanti oggi in Europa hanno un numero 10 classico, lontanamente assimilabile alla sfilza di campioni citati prima? Tanti giocatori forti, non c’è dubbio, alcuni con caratteristiche e movimenti assimilabili al ‘dieci classico’ (ad esempio Foden nel City) ma tramutati dalle logiche tattiche e l’inevitabile spinta dell’evoluzione di questo sport, in calciatori totali: mezzali, esterni, seconde punte, pronte a pressare, rubare palla e ripartire velocemente. Tutto necessariamente in verticale. Transizioni le chiamano oggi (una volta contropiedi) poco cambia. L’analisi non è lessicale, ma puramente calcistica.

E arriviamo a Kylian Mbappè, straordinaria evoluzione di Luis Nazario da Lima Ronaldo, in parte anche di Cristiano e forse di Henry. Attaccanti diversi tra loro, ma certamente attaccanti da ripartenze fulminee, doppi passi, ‘motorini accesi’ e rapide discese dall’esterno verso la porta, dal centrocampo verso la porta, testa bassa e corsa con un solo obiettivo, fare gol. Insomma: cannonieri implacabili dentro l’area di rigore. Il calcio di Mbappè non pensa, esegue. Il calcio di Mbappè va dritto per dritto. Può scambiare palla – come nel secondo gol di ieri – ma non può perdere tempi di gioco. E’ esplosività pura. Talento, non c’è dubbio, ma è soprattutto tecnica in velocità.

Il calcio di Messi e dei numeri 10 classici è stato ed è ancora per poco tempo estro intrinseco, è metafisica, è l’impensabile che diventa reale in un tiro a giro, in un assist imbucato in un corridoio immaginato solo da chi esegue quel tipo di passaggi, è a volte sfida alle leggi della fisica con traiettorie accompagnate dagli spalti con gli ‘ohhhh’ di sorpresa, che si concedono solo alle opere d’arte. L’argentino è forse l’ultimo Jedi dell’eroica tradizione dei numeri 10, degno protagonista di una immaginifica nuova trilogia di Star Wars.

Non c’è un giudizio di valore in chi scrive, ma un’oggettiva valutazione di quale direzione il calcio stia prendendo. Può piacere o meno, ma un dato è chiaro: sarà difficile ritrovare dei numeri 10 come quelli che tra gli anni 80, gli anni 90 e i primi 2000 hanno caratterizzato le big europee e le principali nazionali al Mondo. Per questo è giusto concedere a chi ama Messi di venerarlo fino all’ultimo giorno in cui scenderà in campo da protagonista con un pallone tra i piedi. E non solo perchè è il più forte di tutti – sempre numeri alla mano – ma perchè rappresenta forse la fine di un’era, per buona pace dello sceicco del Qatar, che potrà comprare tutti i campioni e i Mondiali che vuole, ma non clonare (ancora) la fantasia e il romanticismo che ha accompagnato Messi e i suoi antenati calcistici.

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