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Fonseca: “Io tra bombe e bunker. Mia moglie piange ancora”

Quello che si sta facendo è importante, ma non è sufficiente: l’Europa e gli Stati Uniti, militarmente, stanno lasciando sola l’Ucraina scrive La Gazzetta dello Sport. Invece dobbiamo fermare il mostro. Paulo Fonseca, via video, ha lo sguardo stanco di chi ha visto un mondo sgretolarsi e ha conosciuto la paura di chi fugge e vede il mondo precipitare. Grazie al suo lavoro allo Shakhtar Donetsk e all’amore per sua moglie Kateryna, l’Ucrainaè entrata nella sua vita.

Fonseca, come si fa ad arginare la Russia, che minaccia anche l’uso di armi nucleari?

“Non sono un politico, ma ad esempio sono favorevole alla “no fly zone”. È vero che hanno l’atomica, ma stiamo lasciando diventare Putin troppo forte, perché lui sente la paura della comunità internazionale. Eppure, se non si ferma adesso, sarà più difficile farlo dopo. Il peggio deve ancora arrivare”.

In Occidente c’è chi vorrebbe che l’Ucraina si arrendesse per evitare il peggio.

“È facile dirlo da lontano. Se i russi invadessero l’Italia o il Portogallo, noi non combatteremmo? Non c’è niente di più prezioso della libertà. Tanti Paesi ora hanno paura. Georgia, Moldavia, i Baltici, la Polonia: se Putin vincerà questa guerra, sarà un guaio per tutto il mondo”.

È vero che nella parte orientale dell’Ucraina c’è un diverso stato d’animo verso i russi?

“Non è così. Il problema è che nel 2014 il mondo ha chiuso gli occhi su Donetsk e il Donbass. Io ho molti amici lì e nessuno voleva far parte della Russia. L’informazione è manipolata, i russi non sanno la verità, ma in futuro sarà il popolo a pagarne le conseguenze. Per questo penso che proprio il popolo potrebbe cambiare la situazione”.

Nei suoi anni ucraini ha conosciuto il presidente Zelensky?

“No, vedevo le sue gag da presidente senza capirle per via della lingua, ma non pensavo che lo sarebbe diventato davvero. Ora invece è un eroe, e capisco che i russi vogliano ucciderlo”.

Com’è stata la fuga da Kiev?

“Un incubo. Era il 24 febbraio e dovevo partire alle 10 per il Portogallo con la famiglia, quando alle 4.30 abbiamo sentito cadere le prime bombe. Nei bunker i bambini dormivano per terra nei sacchi a pelo. Avevamo paura. Poi la mia ambasciata ha organizzato un mini-van e in tre famiglie siamo partiti verso la Moldova. È stato un viaggio terribile. Trenta ore senza fermarsi mai, incolonnati a volte a 5 km/h. Solo quando sono arrivato al confine con la Romania ho cominciato a rilassarmi, ma si fa per dire. Mia moglie piange in continuazione”.

Prima di salutarla, se la sente di parlare di calcio?

“Certo. In questi giorni non ho visto nulla, ma spero di allenare ancora in uno dei 5 tornei top. Sono stato vicino alla Fiorentina, ma poi non si è fatto nulla. Ammetto che l’Italia mi piace”.

Ha visto che la Roma di Mourinho ha meno punti della sua a questo punto dell’annata?

“Non voglio fare paragoni. Situazioni diverse, investimenti diversi. Abraham, ad esempio, è fortissimo. Dico solo che, nonostante la pandemia e il cambio di proprietà, avevamo una nostra identità ed eravamo una delle squadre che giocavano meglio. Ma consentitemi di ringraziare i tantissimi tifosi della Roma che mi hanno scritto in quei giorni drammatici, così come lo hanno fatto tanti calciatori, i dirigenti e gli stessi Friedkin”.

Chi va al Mondiale: l’Italia o il suo Cristiano Ronaldo?

“Difficile dirlo. L’Italia e la Spagna per me sono le più forti. Gli azzurri sono più squadra e lo hanno dimostrato facendo un Europeo bellissimo, ma il Portogallo ha tante individualità”.

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Fonseca è in Portogallo: “Terribile quello che ho visto”

Paulo Fonseca è arrivato in Portogallo. L’ex tecnico giallorosso si trovava a Kiev quando la Russia ha invaso il Paese ucraino e non era riuscito a lasciare il Paese in un primo momento, insieme alla moglie ucraina: “Mi sento sollevato per me stesso e per la mia famiglia, ma allo stesso tempo sono molto triste per il popolo ucraino”, le sue parole riportate dalla radio portoghese tsf: “Avevamo in programma un viaggio in areo per le 10:00 di giovedì. Quello è stato il momento più difficile. Siamo andati nel panico e abbiamo avuto solo il tempo di prendere le nostre valigie e uscire per strada. Abbiamo comunque provato a lasciare Kiev, ma in quel momento, quando abbiamo raggiunto la strada principale, c’era così tanto traffico che non potevamo uscire. Vorrei ringraziare alcune persone che ci hanno aiutato. In primo luogo, voglio ringraziare Shakhtar Donetsk, che ci ha accolto in questi giorni. Poi, ringrazio l’ambasciata portoghese perché sono stati loro a trasportarci in Romania. Un ringraziamento speciale a una persona, il presidente della Federcalcio portoghese, che si è messo in contatto con il presidente della Federazione ucraina, ed è stato molto importante per noi per attraversare il confine”.

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ESCLUSIVA – Possanzini, vice allenatore Shakhtar: “Ci hanno svegliato le bombe, ora non possiamo lasciare l’Ucraina” – AUDIO

Sono ore di attesa per i giocatori e lo staff tecnico dello Shakhtar Donetsk di De Zerbi, tra cui otto persone italiane cui il vice Davide Possanzini. Il campionato è sospeso, lo Shakhtar ha da tempo il proprio quartier generale a Kiev dove lo staff è in questo momento blindato in un hotel aspettando istruzioni dall’ambasciata italiana. 

In esclusiva ai microfoni di Retesport 104.2 il vice allenatore Davide Possanzini ha raccontato i momenti che stanno vivendo in Ucraina: “Siamo bloccati a Kiev. Questa notte eravamo nei nostri appartamenti, poi intorno alle 4-5 di mattina abbiamo sentito le esplosioni. Ci siamo subito messi in macchina perché la società ci ha detto di andare in un albergo dove solitamente svolgiamo i ritiri pre partita e adesso siamo in contatto costante con l’ambasciata. Siamo al sicuro, stiamo bene ma ci vuole pazienza. Ci aspettavamo questa situazione ma non di queste dimensioni. Avevamo già prenotato per questo pomeriggio i voli per tornare in Italia ma non ce l’abbiamo fatta, e in Ucraina adesso è chiuso lo spazio aereo. Aspettiamo comunicazioni per cercare di prendere la decisione giusta senza correre rischi”. 

La situazione in questo momento?
“Vita tranquilla, adesso qualche ha anche scelto di andare a lavorare. La nostra idea era di prendere la macchina e di arrivare al confine ma sono piÙ di 700 chilometri e non ce l’avremmo fatta con un solo pieno. Ci sono 50km di coda per uscire da Kiev, era impossibile”. 

L’ambasciata italiana vi aveva sollecitati ad anticipare il ritorno, voi fino a qualche giorno fa eravate in Turchia. 
“Abbiamo scelto di tornare per senso di dovere e responsabilità verso coloro con cui avevamo preso accordi a inizio della stagione. Nei giorni scorsi ci avevano garantito che non sarebbe successo nulla e invece la situazione è precipitata in quello che sappiamo. Un po’ di responsabilità ce l’avevamo ma per rispettare gli accordi che avevamo intrapreso in passato. La situazione è precipitata nel giro di sei ore, noi volevamo partire nel pomeriggio 3-4 voli e invece è successo tutto prima della partenza. Adesso possiamo solo aspettare”. 

I calciatori come stanno vivendo la situazione?
“E’ difficile per noi che siamo persone più mature, figuriamoci per loro. Ci sono giovani anche di 18 anni… Ma abbiamo anche giocatori ucraini e per loro è ancora più difficile. Questo conflitto c’è da molto tempo, solo che se ne parla da poco. I brasiliani sono un po’ come noi, stanno aspettando informazioni dalla loro ambasciata. L’importante è che per ora non ci sia nulla di preoccupante”. 

Come sta lo staff e il mister De Zerbi?
“Roberto sta bene, è con noi in albergo naturalmente. Abbiamo preso le valutazioni tutti insieme, e adesso abbiamo bisogno dell’ambasciata per capire cosa fare. Non possiamo prendere iniziativa per uscire dal Paese”.