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Mou indeciso

Quella di ieri sera sarebbe potuta essere la sua sesta coppa europea su sei finali disputate. José Mourinho ci è arrivato a un soffio: “Sono orgoglioso e tristissimo. Devo lottare per questi ragazzi e potrei rimanere qui. Siamo stanchi e orgogliosi, l’arbitro sembrava spagnolo”, dirà il tecnico nel postpartita. Ieri non si è mai seduto, ha litigato spesso anche con i componenti della sua panchina, ha parlato con il IV Uomo e alla fine ha perso la pazienza anche lui quando l’arbitro aveva assegnato un rigore (poi tolto) per un fallo inesistente di Ibanez e non ha fischiato il penalty in favore dei giallorossi dopo il tocco di mano di Fernando.

Come scrive la Gazzetta dello Sport, a fine partita si è chiuso in se stesso, pensando anche al suo futuro dopo due anni in giallorosso. Domenica contro lo Spezia non ci sarà e dopo quel match dovrà decidere cosa fare. Del futuro di Mourinho aveva parlato Pinto prima della partita: “C’è ancora molto da fare per questo club. Sappiamo che il calcio a volte presenta delle sorprese e che non si può mai garantire al 100% quello che succederà in futuro. Ma da parte mia l’intenzione è di proseguire a lavorare insieme a lui”. L’impressione è che sia difficile che succeda perché anche il gm ha il contratto in scadenza nel 2024. I tifosi sperano di vedere lo Special One ancora in panchina in vista della prossima stagione. Se succederà, lo sapremo nei prossimi giorni.

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Una 24 ore di tifo e cori poi la mezzanotte più buia e quei maledetti rigori

Ammainate le bandiere, rinfrescate le gole seccate dai cori, rifate gli zaini, ripescate le auto nei parcheggi dove le avete posteggiate e lasciate che i taxi scaldino i motori. Poi sarà di nuovo casa, di nuovo Roma. Ma con un carico di tristezza in più. La data è destinata a rimanere scolpita nella coscienza condivisa di un intero popolo: 31 maggio. O forse primo giugno. Giornate della nuova maledizione giallorossa, piovuta ai rigori pochi secondi dopo la mezzanotte. Un appuntamento segnato da un esodo e un controesodo di dimensioni ciclopiche. Migliaia di auto, van da 7 o 8 persone. Treni, notti in cuccetta.

Come scrive la Repubblica, aerei di linea in ritardo mostruoso sul tabellino di marcia e charter che hanno risucchiato i migliori slot aeroportuali sul mercato e i risparmi di un’intera curva. […] I coraggiosi sono quelli che si sono affidati al fato. O meglio, alla solidarietà giallorossa: senza avere esattamente in mente come tornare a casa, si sono accordati per lunghissimi passaggi a casa con chi hanno conosciuto sul posto. Magari con un tifoso appena conosciuto nella fan zone di piazza degli Eroi, lì dove a sorpresa nel pomeriggio si è fatta vedere anche la nuova direttrice generale della Roma, Lina Souloukou, per qualche selfie.

Poi la processione verso lo stadio. Colorata dai fumogeni e dagli striscioni (“Semo tutti er padre de Marta”) si è conclusa in un imbuto giallorosso a ridosso dello stadio. Un momento per chiudere gli ultimi patti per il ritorno in patria, poi tutti dentro. In una curva che ieri recitava così: “Figli della Lupa”. Figli, ieri sera, della cattiva luna di José Mário dos Santos Mourinho Félix.

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Il piatto non piange. Una coppa, la finale, gli investimenti. La gestione Friedkin resta un successo

La vita, a volte, può assomigliare anche ad una favola, anche se per il lieto fine spesso capiti che svanisca sul più bello, come è successo ieri col Siviglia. Ma la storia non si dimentica. Così è bene ricordare come nel 2019 Dan Friedkin, magnate nato in California ma con ormai fiere radici a Houston, in Texas, abbia deciso acquistare la Roma, forte di un patrimonio personale pari a 5,5 miliardi di dollari, che lo rendono il 14° uomo più ricco degli Stati Uniti e il 466° più facoltoso nel mondo.

Da quel giorno d’estate, però, neppure il più ottimista fra i tifosi avrebbe pensato che la nuova Roma, dopo meno di tre anni di gestione, giocasse due finali europee. La Conference è stata vinta, l’Europa League invece no. Con tutti gli effetti collaterali che, a livello economico, tutto ciò porterà. La nuova proprietà della Roma, infatti, ha inaugurato un nuovo modo di portare avanti quello che è – e resta – un business.

Eppure, come scrive la Gazzetta dello Sport, se consideriamo anche i 199 milioni spesi per l’acquisto del club, i Friedkin hanno investito circa 750 milioni (grazie a diverse ricapitalizzazioni) per la Roma che – a differenza dei loro veri business (automobili, cinema, hotel di lusso, che fatturano circa 10,5 miliardi di dollari e impiegano circa 6000 dipendenti) – produce più disavanzi che utili. Ciò nonostante sul mercato in due stagioni sono stati spesi circa 92 milioni (più bonus) – come potete leggere nelle pagine specifiche – con il fiore all’occhiello rappresentato da Abraham, insieme a Schick il giocatore più costoso della storia del club (40 milioni).

Proprio per questo la mancata qualificazione in Champions costringerà la proprietà a nuovi sacrifici, anche perché solo l’ultima giornata di campionato stabilirà quale sarà la Coppa europea che la Roma dovrà disputare. I Friedkin hanno dimostrato che si può venire anche da lontano per diventare sia romanisti che vincitori. E se poi lo si fa coltivando l’arte del silenzio, in questi tempi di frastuono eccessivo, alla fine può diventare una lezione di vita. E pazienza se non tutte le favole hanno un lieto fine.

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Battaglia infinita, Mou si arrende. Dybala non basta: gol e lacrime. È festa Siviglia

Il grande cuore della Roma non è bastato questa volta. I giallorossi hanno giocato meglio il primo tempo, passando anche in vantaggio grazie alla rete di Dybala, ma nella seconda frazione di gioco il Siviglia ha pareggiato i conti con l’autorete di Mancini. Il match è stato deciso ai rigori e a trionfare sono stati gli andalusi, che hanno conquistato la settima Europa League della loro storia. Rimane il rimpianto da parte della Roma dopo aver disputato una partita di enorme fatica durata ben 146 minuti. Al momento di calciare i rigori Mourinho aveva già sostituito i primi tre specialisti: Dybala, Pellegrini e Abraham. E quarant’anni dopo la sconfitta in finale di Coppa Campioni contro il Liverpool è arrivata un’altra beffa dal dischetto e questa volta sono stati Mancini e Ibanez a fallire il penalty.

Come scrive la Gazzetta dello Sport, Mourinho aveva schierato a sorpresa Dybala dall’inizio e la scelta aveva ripagato, infatti la ‘Joya’ aveva portato in vantaggio i suoi al 35′ su assist di Mancini. A fine primo tempo il Siviglia ha colpito un palo con Rakitic e al decimo della ripresa è arrivato il pareggio grazie a un autogol. Poi il VAR ha tolto un rigore agli andalusi dopo un intervento pulito di Ibanez sul pallone. La Roma ha avuto la grande chance per andare sul 2-1 con Belotti, ma Bono ha compiuto un autentico miracolo. I tempi supplementari sono terminati con la traversa di Smalling al 131′. Poi i rigori, dove ha trionfato il Siviglia.