FOCUS RS – Un anno doveva essere e un anno è stato. Guido Fienga ha concluso ieri il suo mandato nel ruolo di amministratore delegato della Roma. Una notizia che era nell’aria da diversi giorni, complice l’indicazione temporale che i Friedkin avevano manifestato al diretto interessato sin dal loro insediamento. Fienga doveva essere un traghettatore e tale è stato fino a ieri. L’ultimo dirigente – in ruoli apicali – legato alla vecchia gestione è stato sostituito da un manager di grande respiro internazionale, Pietro Berardi, che almeno nelle intenzioni dei Friedkin, amplificherà il percorso di crescita del brand Roma a livello mondiale. La scelta nasce dalla necessità di dotarsi di una figura che rappresenti appieno la filosofia della nuova proprietà. Fienga ha avuto l’indubbio merito di accompagnare il club nella fase più delicata della sua storia recente, tenendo uniti i fili quasi spezzati della trattativa tra Pallotta e i texani, quando tutto o quasi sembrava definitivamente sfumato. In mezzo una pandemia che acuito le difficoltà economiche del club. Ma facciamo un passo indietro.
I texani sono sbarcati nella capitale ufficialmente nell’agosto 2020 e hanno scelto un approccio silenzioso e riflessivo. Hanno trascorso diverse settimane ad analizzare la Roma, comprenderne meglio i meccanismi interni, probabilmente scrutarne le reali criticità, non solo finanziarie. Mesi per rivoluzionare la Roma, alimentando il vento del cambiamento. ‘The wind of change‘, cantavano gli Scorpions, colonna sonora perfetta per descrivere i passi lenti ma ponderati di Dan e Ryan Friedkin nell’emisfero romanista. La navicella dei nuovi proprietari ha assestato dunque i primi colpi, delle vere e proprie picconate alla facciata di Trigoria, dopo anni di evidente deterioramento.
L’arrivo di Stefano Scalera è stato il primo in ordine di tempo: uomo della pubblica amministrazione e stimato professionista anche in ambienti politici, gli è stato affidato il compito principale di resettare e riavviare il fascicolo relativo allo stadio. Addio al progetto di Tor di Valle e un nuovo tortuoso viaggio da affrontare, questa volta con l’obbligo categorico di edificare un impianto sportivo in pochi anni. Contestualmente è arrivata la creazione del ‘Roma Department’ diretto da Francesco Pastorella, per incentivare la lodevole attività solidale che il club già da diversi anni svolge sul territorio, con l’obiettivo però anche di riavvicinare la Roma ai suoi tifosi con innumerevoli iniziative che rispecchiano la volontà della proprietà di legarsi sempre di più al tessuto sociale della città.
Successivamente è stato il turno del comparto sportivo e la scelta a sorpresa è ricaduta su Tiago Pinto. I Friedkin non hanno preferito percorrere la strada più agevole, del calcio nostrano, strettamente connessa alla logica del direttore sportivo che accentri su di sé tutti i poteri. Troppi denari sperperati negli scorsi anni, troppi personalismi. Hanno ricercato sul mercato internazionale il profilo di un professionista giovane, ma che avesse già maturato importanti esperienze in club di caratura internazionale e in grado di poter supervisionare il lavoro di tutti i collaboratori tecnici, a 360 gradi.
Da qui a cascata è subentrata anche la necessità di inserire figure credibili e di assoluto valore in alcuni ruoli apicali del settore sportivo: inutile citare l’importanza dell’ingaggio di Josè Mourinho in panchina, un manager di caratura mondiale, che ha riacceso in città la fiammella della passione sportiva, in parte sopita nell’ultimo triennio di insuccessi e delusioni.
Il settore giovanile ha accolto poi Vincenzo Vergine, come nuovo responsabile del settore giovanile, dopo oltre 20 anni di apprendistato e proficuo lavoro al fianco di Pantaleo Corvino e non solo. Parallelamente la conferma di quei soggetti che in questi anni hanno certamente contribuito a sviluppare il serbatoio giallorosso, ridisegnando però le logiche dello scouting: evitare investimenti monstre su giovani stranieri e valorizzare appieno il bacino d’utenza locale e nazionale con una mission principale: costruirsi dentro casa i campioni del futuro. Parallelamente Pinto e la proprietà si sono dedicati ad un annoso problema, che da anni attanaglia la Roma sul campo. Gli infortuni. Ad inizio anno la sinergia con la clinica svizzera Klinik Gut di St. Moritz, diretta dal Dott. Georg Ahlbäumer. Poi è stato rivoluzionato l’intero settore medico-fisioterapico e Pinto ha ricreato anche un settore scouting di livello, smantellato nelle precedenti stagioni dall’arrivo di Monchi in poi.
Non poteva mancare uno sguardo al settore della comunicazione: negli scorsi mesi la società ha annunciato di aver ingaggiato Maurizio Costanzo come advisor esterno della comunicazione. Giornalista, conduttore e autore radio-televisivo, pioniere dell’emittenza commerciale, ma soprattutto personaggio che dovrà indirizzare la Roma verso un nuovo modo di comunicare se stessa all’esterno, nell’emisfero locale ma anche in quello nazionale.
Le altre nuove figure: Lombardo (segretario generale), Van Den Doel (direttore marketing), Murgo (capo del personal) Krauss (capo della sicurezza), Vitali (responsabile ufficio legale). Infine ieri si è chiuso definitivamente il cerchio con lo sbarco – ancora virtuale sarà operativo tra qualche settimana – del nuovo CEO e direttore generale Pietro Berardi: una formazione scolastica e professionale tra Italia e Stati Uniti, poi operante nel board di multinazionali del calibro di Sheel, Nissan, Pirelli (Nord America) e Fiat Chrysler. Pacifico che la conoscenza con i Friedkin sia sorta nell’ambito del settore dell’automotive, ma le referenze di Berardi sono di assoluto livello. Non un uomo proveniente dal calcio, ma una figura che sappia abbinare managerialità e sviluppo dei progetti aziendali in linea con la filosofia dei Friedkin: rendere la Roma, in maniera stabile e duratura, un club di caratura mondiale.