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Tra Expo 2030 e Stadio, il nuovo sponsor saudita crea fastidio in Comune

Una manciata di milioni per cancellare dalla maglia della Roma la scritta Spqr. E far posto a uno sponsor dell’Arabia Saudita, oggi il nemico pubblico numero uno della Città Eterna. La questione non è soltanto sportiva o economica. Ma politica. Perché intreccia il calcio, la Roma degli americanissimi proprietari Dan e Ryan Friedkin, agli interessi del Comune di Roma e di Riad. Con oggetto la contesa per ospitare l’Expo 2030. Per la capitale e il suo sindaco Gualtieri è l’ultima occasione di collocarsi sullo scacchiere globale degli investimenti internazionali, per rilanciarsi come capitale non solo italiana ma europea. (…)

Come scrive la Repubblica, l’occasione per allacciare di persona i rapporti con il governo di Riad. Che ha manifestato l’interesse di investire per sponsorizzare il club della capitale. Un’offerta non ricchissima, ma interessante. Che certo non può essere ignorata, visto che la Roma è senza sponsor dalla fine della scorsa stagione, quando ha annullato l’accordo con l’insolvente digitalbits accogliendo sulle maglie il logo del Comune di Roma, eredità dell’epoca romana. I sauditi hanno fiutato l’affare. E la questione ha già preso una piega favorevole, per la Roma, che presto potrebbe imprimere sulla divisa di Dybala e Lukaku un marchio saudita.Più precisamente, dovrebbe trattarsi di un marchio per il turismo in Arabia Saudita.

Come lo vivrà la città, la gente, se davvero come sembra nelle prossime ore l’accordo dovesse andare in porto? Certo è importante ricordare che la Roma ha un dossier fondamentale aperto col Comune: la realizzazione dello stadio a Pietralata. Un nodo cruciale per il futuro del club giallorosso, quindi anche per i proprietari americani Dan e Ryan Friedkin. Ma certo lo “sgarbo”, se finalizzato, rischia di creare spessori di attrito tra il club e l’amministrazione cittadina. Ostacoli che, a questo punto, nessuna delle parti vuol mettere sulla strada verso Pietralata.

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Roma, il nuovo main sponsor arriva dall’Arabia Saudita: accordo imminente

Houston, abbiamo uno sponsor. La Roma dei Friedkin è pronta ad accogliere un nuovo partner come main sponsor, riempiendo così un buco lasciato vuoto dal burrascoso addio con Digitalbits. Dopo mesi di ricerca il team guidato da Michael Wandell è riuscito a strappare un’intesa con una società dell’Arabia Saudita (non una compagnia aerea) che garantirà, secondo quanto filtra dai primi rumors, un introito da almeno dieci milioni di euro all’anno. Dopo gli accordi con Enel, Q8 e vari altri sponsor minori la Roma è riuscita quindi a trovare un nuovo marchio a cui legarsi, raggiungendo l’obiettivo di migliorare i ricavi della società. Sempre restando al mondo arabo il club allenato da Mourinho disputerà un’amichevole contro l’Al Shabab.

Come scrive il Tempo, i giallorossi sono stati infatti contattati per i festeggiamenti inerenti al 75° anniversario della fondazione del Club saudita con una partita che si svolgerà al Prince Faisal bin Fahad Stadium, un impianto da circa 22mila posti. Molto probabilmente la trasferta in Arabia andrà in scena in una delle due soste per le nazionali, a ottobre o a novembre. Dopo la cessione di Ibanez all’Al Ahli per 33 milioni complessivi si fa quindi sempre più stretto il legame della Roma con la nazione che sta stravolgendo il calcio mondiale.

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FOCUS RS – Arabia Saudita, ‘l’invasione’ nel calcio con vista sul Mondiale 2034

(di Francesco Oddo Casano) – Aggredire il calcio europeo per motivi sportivi, finanziari e non solo. Il calcio si sa, da sempre rappresenta anche un volano d’immagine, per raggiungere obiettivi più alti rispetto alla mera soddisfazione legata alla vittoria dei trofei. E’ stato così nel nostro paese, fino alle soglie del nuovo millennio, quando investire sul calcio significava poi aprirsi porte per mondi imprenditoriali o geopolitici fin lì inesplorati. E’ avvenuto per la Cina un decennio fa, prima ancora per gli USA ma senza enormi successi, ma negli States è ancora troppo forte il richiamo culturale verso sport come Basket Baseball e Football americano, infine per il Qatar che è riuscito addirittura ad organizzare il primo Mondiale d’inverno, con l’entratura europea dell’acquisto del PSG nel 2012 e ora del Manchester United in Premier. Il ruolo di ‘aggressore’ del calcio internazionale, adesso spetta all’Arabia Saudita.

In pochi mesi, un volume di affari da oltre 600 milioni, destinato rapidamente a salire. Il primo in ordine di tempo, di una certa rilevanza mondiale, è stato Cristiano Ronaldo, che ha lasciato lo United a margine dell’ultimo Mondiale per trasferirsi nella Saudi League. 200 milioni di euro e la promessa di essere testimonial per il paese arabo in vista della candidatura ai Mondiali del 2030. Non stupiscono dunque le dichiarazioni recenti del fenomeno portoghese che ha ovviamente incensato il valore della Saudi League, sostenendo che di fatto in Europa il calcio sta morendo, salvo la Premier.

In realtà appare molto complicato per la famiglia Saudita riuscire ad organizzare in quella data la massima manifestazione iridata. L’obiettivo sembra essersi spostato al 2034, quando nel frattempo la Saudi League sarà diventato un campionato probabilmente di grande riflesso internazionale, incentivato anche dai possibili successi di club come l’Al Nassr, l’Al-Alhy etc nella nuova versione del Mondiale per Club, a 32 squadre voluto fortemente dalla FIFA.

Dopo CR7 è stato il turno di Benzema, Kante, Gerrard nel ruolo di tecnico ovviamente, ma anche Nuno Espirito Santo, poi Koulibaly, Mendy, Mahrez, Milinkovic Savic, Ruben Neves, Brozovic e il numero aumenterà in maniera esponenziale, visto che altre decine di calciatori stanno ricevendo assegni sostanzialmente in bianco, o quasi, per giocare nel nuovo eldorado arabo. L’agevolazione nasce anche dalla defiscalizzazione: secondo la normativa locale infatti, basta risultare residenti per 183 giorni in Arabia Saudita per non pagare le tasse. In pratica, dopo sei mesi, i calciatori sono esentati dall’obbligo. Ma cosa si cela dietro questa invasione dei petroldollari nel nostro calcio?

Ce lo spiega Marco Bellinazzo, giornalista del Sole24Ore, che recentemente nel suo nuovo libro – Le nuove guerre del calcio – aveva largamente anticipato il ruolo dell’Arabia Saudita nel contesto del calcio internazionale

Il fondo PIF è il Fondo per gli investimenti pubblici dell’Arabia Saudita, un fondo sovrano che dall’inizio degli anni ’70 ha prelevato la maggior parte dei risparmi del Paese dalla vendita di petrolio. Il suo valore è stimato intorno ai 600 miliardi di dollari (circa 550 miliardi di euro). Nei mesi scorsi ha acquistato il Newcastle in Inghilterra. Il governatore del Fondo, Yasir Al-Rumayyan, è diventato presidente non esecutivo del club.

Il PIF sta investendo in città industriali di nuova creazione che stanno sorgendo in tutta l’Arabia Saudita, strategia inserita all’interno di “Saudi Vision 2030” ovvero un gigantesco progetto per diversificare l’economia del Paese nei prossimi dieci anni e sviluppare infrastrutture, sanità, turismo e istruzione. Si tratta di un piano di Bin Salman per “alleggerire” la dipendenza economica del Paese dal petrolio. Di particolare rilevanza il progetto Qiddiyah City, che punta a diventare la più grande destinazione turistica mondiale con un investimento da 1 miliardo di dollari. Ma come si posiziona il fondo nello sport? Ha avanzato candidature per la Coppa d’Asia di calcio e i Mondiali del 2030 e ospiterà i Giochi asiatici invernali del 2029. Non è tutto: a Gedda si corre il GP di Formula 1 dell’Arabia Saudita e sono stati organizzati eventi di golf e boxe. Anche l’Italia è legata allo sport in Arabia Saudita: tre delle ultime cinque edizioni della Supercoppa (come accaduto per quella spagnola) si sono giocate nel Paese che, inoltre, ne ospiterà quattro delle prossime sei (2024, 2025, 2028 e 2029). E nel proprio Paese il fondo sovrano controlla la Saudi Pro League, distribuendo a cascata sui principali club centinaia di milioni utili per fare mercato.

Classe 1985, Mohammad bin Salman Al Sa’ud è un membro della famiglia reale Al Sa’Ud, figlio dell’attuale re saudita Salman e principe ereditario nonché vice-primo ministro della difesa dell’Arabia Saudita. Se la Premier non ha registrato alcuna connessione tra il PIF e la famiglia reale, si ritiene che il fondo sovrano resti legato alla figura di Bin Salman. Ricorderete in passato il suo interesse per rilevare il Manchester United, corteggiamento che non andò a buon fine a differenza dell’operazione Newcastle. Insomma, come gli Emirati Arabi (Manchester City) e il Qatar (Psg), anche l’Arabia Saudita si è inserita nel palcoscenico europeo tra i club più potenti. Non sono mancate le perplessità legate al principe ereditario e al Paese, alimentate dall’opinione internazionale sulle violazioni dei diritti umani (Amnesty e altre ONG da tempo sono schierate contro lo Stato) e sull’assassinio del giornalista Jamal Khashoggi per il quale proprio Bin Salman è ritenuto il mandante dagli Usa.

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Focus Arabia Saudita, Bellinazzo a Retesport: “Obiettivo della famiglia saudita è il Mondiale 2034. Il calcio italiano rischia di essere schiacciato” – AUDIO

Marco Bellinazzo, giornalista del Sole24Ore, esperto di finanza applicata al mondo del calcio e dello sport, è intervenuto ai microfoni di Retesport per analizzare l’invasione finanziaria dell’Arabia Saudita nel calcio internazionale:

“Non mi aspettavo questa accelerazione, ma la direzione era chiara già da mesi. Il progetto dell’Arabia Saudita è chiaro ed ambizioso, con obiettivi extra calcistici ed extra sportivi, direi di natura geopolitica visti gli investimenti del fondo PIF, del fondo sovrano della famiglia saudita. La costruzione di tante squadre, piene di campioni, non è limitata solo ad aumentare l’appeal della Saudi League, ma l’obiettivo è rivolto a qualcosa di più ambizioso. Il Mondiale del 2030 per l’Arabia Saudita è progetto particolarmente complicato, avevano tentato di candidarsi con altri paesi, ma i tempi sono troppo stretti rispetto ad esempio al Qatar che ha avuto il doppio degli anni per preparare la quermesse mondiale. L’obiettivo è stato spostato al 2034, un anno in cui potrebbe celebrarsi la nascita e il consolidamento di una nuova potenza calcistica, nel frattempo puntando con i propri club a vincere il nuovo Mondiale per Club, con un ulteriore scenario, relativo alla costruzione di una Lega Araba, una sorta di Superlega asiatica. E’ evidente che queste iniziative finanziarie siano lo strumento per ridare centralità ad un paese che vuole scalare le classifiche di credibilità sul piano geopolitico. Il principe bin Salman ha stretto una sorta di patto generazionale con i venticinquenni sauditi, per portare nel mondo arabo una parte dell’Occidente, legato all’entertainment, del glamour, mantenendo però in parte compresse alcune libertà. Il rischio che vive l’Europa calcistica e il nostro campionato, è quello di impoverirsi sempre di più, perchè stretti nella morsa della Premier da una parte e delle nuove realtà arabe dall’altra”.

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Zaniolo, c’è l’Arabia: 120 milioni in 4 anni e la Roma spera

La Juventus, dopo aver perso Milinkovic Savic, ha messo nel mirino Nicolò Zaniolo e nei giorni scorsi sono già iniziati i primi contatti con il Galatasaray. Sull’ex Roma, però, ora c’è il pressing dell’ Al Hilal, club del campionato Saudita, pronto ad offrirgli 120 milioni in quattro anni, come riporta Marco Guidi su La Gazzetta dello Sport.

Cifre da capogiro che stanno facendo vacillare Zaniolo a cui l’Al-Hilal avrebbe dato 15 giorni di tempo per decidere. Lo stesso Galatasaray non sarebbe un problema per il club arabo che per portare Zaniolo nel proprio campionato pagherebbe la clausola rescissoria da 35 milioni di euro. Anche la Roma guarda alla situazione con attenzione vantando una percentuale sulla rivendita che, se confermata, porterebbe circa 4 milioni nella cassa della società giallorossa.

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Calciomercato

Roma, tentazione saudita anche per Dybala

DYBALA SAUDITA – Leonardo Spinazzola riflette molto seriamente, mentre Paulo Dybala scruta il telefonino e le mappe per capire se davvero qualcuno stia cercando di portarlo via da Roma. Partiamo da Spinazzola, in ordine di probabilità. L’ipotesi di un trasferimento in Arabia Saudita, con l’Al-Ahli che ha manifestato interesse per lui, sta prendendo corpo anche se un’offerta concreta, e quindi tangibile sul piano economico, non gli è stata ancora comunicata.

Come scrive il Corriere dello Sport, siamo alle battute iniziali di una negoziazione che Davide Lippi, il procuratore, sta curando con riservatezza, prima di presentarsi dalla Roma con una proposta seria. (…) Per questo a Trigoria cominciano a preoccuparsi un po’ per Paulo Dybala, che ha ricevuto segnali arabi per ora ondivaghi e intermittenti ma anche molto temibili in prospettiva. Visto lo shopping compulsivo dei sauditi nelle ultime settimane non sarebbe sorprendente se un campione di questo livello venisse corteggiato. Così forse si spiega la frase pronunciata qualche sera da Francesco Totti a proposito della maglia numero 10: “Paulo può prenderla purché si impegni a rimanere a Roma 10 o 20 anni”

Evidentemente qualcosa si sta muovendo anche intorno al corposo entourage di Dybala, che ha una clausola di rescissione valida per l’estero di appena 12 milioni con scadenza a fine luglio. Per i sauditi sarebbe l’equivalente di un caffè in un bar di periferia. In questa vicenda quindi conta esclusivamente la volontà del calciatore, che allo scoccare dei 30 anni potrebbe anche valutare un’offerta, se contenesse cifre capaci di sistemare il prodotto interno lordo di un’intera regione argentina. La Roma naturalmente non vuole neanche immaginare una partenza del suo campione. Che a dispetto dei problemi fisici è stato decisivo fino all’ultimo, con il rigore contro lo Spezia che è servito a difendere almeno un posto nell’ Europa League.

Diverso è il discorso a proposito di Spinazzola, che ha un altro anno di contratto e non è ancora mai stato chiamato per discutere il rinnovo. Con un costo annuo a bilancio di 11.7 milioni, Spinazzola è stato inserito nella lista dei calciatori cedibili. Mourinho non farebbe salti di gioia se dovesse perderlo.

Anche perché poi la Roma dovrebbe prendere un sostituto di alto profilo. Ribalterebbe invece le scrivanie se fosse Dybala a piantarlo. Oggi intanto conoscerà il verdetto disciplinare sul caso Chiffi, dopo le quattro giornate di squalifica rimediate dall’Uefa.