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“Un giocatore non va mai divinizzato: quella che tiene il sudore è la maglia”. 33 anni fa la scomparsa di Dino Viola

Il ricordo di Dino Viola, a 30 anni esatti dalla sua scomparsa

19 gennaio 1991, una data triste, rimasta scolpita nel cuore di un’intera generazione di tifosi. 30 anni fa esatti, scompariva prematuramente all’età di soli 76 anni il compianto Presidente Dino Viola. Un lutto che colpì dritto al cuore l’emisfero romanista, dai calciatori ai dipendenti di Trigoria, ma anche se non soprattutto quel pubblico, che Viola amava definire “i miei ragazzi”. Con la morte del Presidente, si concluse di fatto l’era di successi più importante della storia della Roma, che grazie alla lungimiranza, al coraggio, alla passione di Viola era riuscita ad “allontanare gli incubi e uscire dalla prigionia di un sogno” tricolore, poi tramutato in realtà dopo oltre 40 anni.

In 12 stagioni sotto la sua gestione, la Roma vinse 1 Scudetto, 4 Coppe Italia, conquistando tre secondi posti e due terzi posti in A, oltre ad una finale di Coppa dei Campioni che resta, tuttora, nonostante la dolorosa sconfitta ai rigori all’Olimpico, il momento più alto della storia giallorossa e certamente la cima più elevata raggiunta nelle competizioni europee. Tanti, tantissimi i campioni lanciati nel grande calcio e regalati ai tifosi giallorossi: Tancredi, Falcao, Cerezo, Ancelotti, Bruno Conti, Nela, Boniek, Giannini per citarne solo alcuni, fiore all’occhiello della Roma di Viola, la Roma più forte di tutti i tempi.

 Nils Liedholm ed Sven Goran Eriksson furono le due intuizioni in panchina, due svedesi totalmente diversi: il Barone con la sua ragnatela e uno stile di calcio elegante, fatto di possesso allo strenuo e di predominio territoriale quasi asfissiante; Eriksson fautore del calcio moderno, della zona e dell’intensità, con quello Scudetto sciupato all’ultimo respiro contro il Lecce in casa.

Una sfida storica durata quasi un decennio con la Juventus di Boniperti e Platini, gli sgarbi dialettici e sul mercato, gli errori arbitrali che condizionarono questa atavica antipatia, che ancora oggi alimenta l’acerrima rivalità tra giallorossi e bianconeri: “la Roma non piange e non piangerà, perchè piangono i deboli, i forti non piangono mai”. All’Ingegner Viola – che da ragazzo andava a vedere la Roma a Livorno insieme alla signora Flora (sua futura moglie) pedalando in bicicletta per decine e decine di chilometri – si deve anche la primordiale type=’text/javascript’ idea della costruzione di un nuovo stadio di proprietà. Tentativo vanificato dalle opposizioni politiche e probabilmente anche calcistiche, che temevano la definitiva consacrazione della Roma nel novero dei top club italiani e europei.

Il 20 gennaio 1991, all’indomani dalla sua scomparsa, il pubblico giallorosso nella commozione assoluta ricordava all’Olimpico il suo amato presidente, con la Sud che gli dedicò diversi strisioni: “In 12 anni hai dato molto, eri tutto” – “Roma dai 7 colli tramanderà la storia di un uomo che da solo le ha dato tanta gloria” (Fedayn) – “Ci hai lasciato un vuoto incolmabile, Addio caro Presidente”. Un ambiente talmente surreale, che la Roma perse contro il Pisa per 2-0, ma del risultato di quella partita non fregò, per una volta, nulla a nessuno…